Poeti Fuori Strada: manifesto

Poeti Fuori Strada (Monza) - un progetto Zeroconfini

E cominciò la vita; cominciò la libertà
fino ad arrivare noi, il linguaggio della terra.
E chiamammo roccia la roccia e il pioppo pioppo.
Essendo noi la materia che si guarda.
Ma siamo un osservatore dell’universo per puro incidente
o l’intero universo è un’evoluzione verso un osservatore?

Ernesto Cardenal, Cantico cosmico

COMITATO DIRETTIVO

Giuseppe Masera – (Prof. di Pediatria. Emato-Oncologo)
Antonetta Carrabs  – (Poeta e scrittrice)
Milton Fernandez  – (Scrittore-Editore)

COMITATO SCIENTIFICO

Antonella delle Fave – (Medico, specialista in Psicologia Clinica, Professore di Psicologia Generale presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano. Presidente dello European Network of Positive Psychology e della Società Italiana di Psicologia Positiva)

Momcilo Jankovic – (Scrittore – Responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Day-Hospital di Ematologia Pediatrica; Responsabile dell’Unità Operativa Semplice di Day Hospital di Pediatria. Dirigente medico Ospedale di Monza)

Guido Oldani – (Poeta, Direttore della Collana Argani (Murcia Editori), creatore del Realismo Terminale, Direttore del Festival Internazionale “Traghetti di Poesia” e fondatore del “Tribunale della poesia”. Ha vinto i premi National Talent Gold 2012 – Fondazione Zanetto, Spoleto FestivalArl 2012, Premio alla carriera Acqui Terme 2010.) Marcello Cesa Bianchi – (Direttore dell’Istituto di Psicologia della Facoltà Medica e della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica dell’Università di Milano)

Gianni Tognoni – (Direttore del Consorzio Mario Negri Sud. Membro della Commissione Unica del Farmaco (CUF) del Ministero della Sanità. Membro della Sottocommissione Sperimentazione Clinica Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) Segretario generale del Tribunale Permanente Dei Popoli.)

A – PREMESSA

Poeti Fuori Strada (Monza) - un progetto Zeroconfini

Le radici di Poeti Fuori Strada affondano nei primi anni ’80, in un paese lontano-lontano, e si collegano a  un prete-poeta-rivoluzionario, Ernesto Cardenal, allora Ministro della Cultura del Governo Sandinista del Nicaragua.

Colpì la fantasia degli osservatori la creazione di Laboratori di Poesia in un paese da poco uscito da una feroce guerra civile. Per Cardenal, “in ciascun essere umano esiste un poeta potenziale” in grado di esprimersi senza necessariamente seguire i canoni della poesia tradizionale, ma servendosi del Verso Libero, cioè, un’immersione nel proprio mondo interiore attraverso le immagini di quello esteriore. Una poesia obiettiva, narrativa e aneddotica, fatta con gli elementi del mondo reale e con cose concrete. Infine, una poesia lontana dagli accademismi, “impura”.

Cardenal è stato l’iniziatore e continua ad essere l’infaticabile  promotore di questa corrente poetica, da lui  definita “esteriorista”. Nel 2006, accolse l’invito di uno di noi di ricreare Laboratori di Poesia, questa volta con i bambini del Centro di Oncologia La Mascota, di Managua, e la magia della poesia si rinnovò in modo sorprendente.

Analoga esperienza è stata replicata da Antonetta Carrabs nell’anno 2009-2010 con i bambini del Centro Leucemie di Monza. Sulla scia della esperienza di Cardenal, Poeti fuori Strada si rivolge a quei poeti che accetteranno la sfida di uscire dalla strada della poesia tradizionale per incontrare, su quella della vita, persone in situazioni diverse di fragilità,  che verranno facilitate a esprimersi attraverso il  “Verso libero”, cioè una forma di poesia svincolata dai limiti imposti dalla rima o dalla metrica, dalla sintassi o dalla ortografia.

B – IL PROGETTO

Il nostro metodo di lavoro sarà preso in prestito dai Talleres de Poesìa di Ernesto Cardenal, e potrebbe riassumersi in poche (sue) parole:

“Poesia è ciò che scriviamo come poesia. Poesia è ciò che viviamo come poesia. E’ un modo di agire, di stare al mondo, di convivere con gli altri e con quello che ci sta intorno.”

Ernesto Cardenal

Sarà aperto a tutti ma, nella prima fase, porrà una speciale attenzione al lavoro con persone, o con gruppi di persone, in situazioni di “fragilità”. Ci riferiamo agli anziani, ai bambini- giovani adulti affetti da importanti patologie, ed ad altre situazioni di grave disagio.

Un ruolo fondamentale sarà svolto dai Poeti “facilitatori”, i quali, spogliati per un istante dalla loro veste di poeti, avranno il compito di valorizzare e fare emergere le capacità latenti di interpretazione del mondo esterno e dei sentimenti, delle emozioni profonde, per lo più inespressi.

Esiste poi un altro aspetto che vorremmo valorizzare-promuovere: la Poesia come strumento-mezzo per superare l’afasia dei sentimenti, delle emozioni

Ciascuno di noi, in particolare quando si trova in situazione di fragilità,  ha spesso difficoltà a comunicare – perfino alle persone più vicine – i sentimenti più profondi, quali ad es. paura, tristezza, delusione, rabbia, desiderio, speranza, rimorso, gratitudine, soddisfazione, richiesta, un ultimo saluto. Questo comporta ulteriore sofferenza. Due esempi per dare una idea della importanza della parola scritta di ragazzi nella fase finale della loro vita.

Mario, 14 anni, scrive in francese NASCITA:  Toc toc  /posso entrare?/Buongiorno! /Ma qui c’è la violenza/qui c’è la sofferenza /qui c’è l’ipocrisia/Scusatemi, io cerco l’amore /Ho sbagliato mondo.

Carmelo, 13 anni, alcuni giorni prima di lasciarci consegna alla sua infermiera un biglietto con scritto:  “Speak about death”.

La magia della poesia, o della parola scritta in modo libero e semplice, può avere un ruolo terapeutico tanto più rilevante quando la guarigione o la risoluzione del problema non è più possibile.

I promotori del progetto sono i componenti del COMITATO DIRETTIVO che ha il compito di promuovere e monitorare la realizzazione del progetto.

Sarà istituito un COMITATO SCIENTIFICO nazionale e internazionale, composto da personalità della Cultura (in particolare, poeti, ma non esclusivamente) e della Scienza.

Da marzo 2015 ha preso avvio una fase sperimentale organizzata a Milano da Milton Fernàndez e a Monza da Antonetta Carrabs. Successivamente il programma potrà essere attuato in altre sedi su iniziativa di un Coordinatore/Responsabile locale riconosciuto dal Comitato Direttivo. Ulteriori problemi organizzativi, ad es. modalità di valorizzazione del materiale ottenuto, verranno definiti e comunicati dopo l’avvio della fase pilota.

Firmato
Antonetta Carrabs    Milton Fernandez     Giuseppe Masera


Querido Doctor Masera

Le agradezco mucho su afectuosa carta que me acaba de escribir. Me alegra la decisión que han tomado de impulsar ese proyecto literario en Milán inspirado en los talleres de poesía de Nicaragua. Con mucho gusto acepto que se utilice mi  nombre para ello, lo cual será muy honroso para mí. Considero siempre un evento muy afortunado en mi vida en que usted me hubiera buscado aquella vez en un viaje mío a Italia para proponerme la iniciación de un taller de poesía con los niños enfermos. Lo hicimos y a raíz de entonces se ha generado una excelente producción de poesía de los niños con cáncer que ya se ha hecho bastante famoso. A los dos libros que ya se han publicado en Nicaragua se está agregando un tercer libro que será publicado en la Suiza de habla francesa, y que incluirá los mejores poemas de los dos libros anteriores y una selección de los mejores poemas producidos posteriormente. Esta será una edición bilingüe en francés y español.

En cuanto a las líneas que me pide, puede utilizar la siguiente: El poeta español Gustavo Adolfo Bécquer definió a la poesía diciendo a su amada de ojos azules Poesía eres tú. Poesía es la persona amada y poesía es el amor. Poesía es también todo lo que uno ama y lo que ama a uno. Poesía es todo, incluido el creador de todo. Poesía es Dios. Y me parece muy apropiada definición de poesía la que en Nicaragua en un taller de poesía con niños con cáncer escribió un niño de siete años: TODO ES POESÍA. Eso es todo querido amigo, que nos veremos pronto por aquí, te saluda cariñosamente.
Ernesto Cardenal

Caro Dott. Masera
La ringrazio davvero tanto per l’affettuosa lettera che mi ha inviato. Mi rallegra la decisione che avete preso di promuovere quel progetto letterario, a Milano, ispirato ai Talleres de Poesia del Nicaragua. E’ con molto piacere che accetto che si utilizzi il mio nome in questo senso, anzi è per me un onore. Ritengo da sempre un evento fortunato nella mia vita il fatto che lei mi avesse cercato, quella volta, in un mio viaggio in Italia, per propormi l’inizio di un Laboratorio di poesia con i bambini malati. Lo abbiamo fatto, e da allora si è generata un’eccellente produzione di poesia dei bambini malati di cancro che ormai è diventata abbastanza famosa. Ai due libri ormai pubblicati in Nicaragua se ne sta aggiungendo un terzo, che sarà pubblicato nella Svizzera francese, e che includerà le migliori poesie dei due libri precedenti e una selezione delle migliori tra quelle prodotte posteriormente. Sarà questa un’edizione bilingue in francese e in spagnolo.

Per quanto riguarda le due righe sul progetto da voi appena iniziato; può utilizzare le seguenti:
Il poeta spagnolo Gustavo Adolfo Bécquer definì la poesia dicendo alla sua amata la poesia sei tu. E’ poesia la persona amata ed è poesia l’amore. Poesia è tutto ciò che amiamo e tutto quanto ci ama. Poesia è tutto, incluso il creatore di quel tutto. Poesia è Dio. E mi sembra molto appropriata la definizione di poesia data da un ragazzino nicaraguense di sette anni, in un Laboratorio con bambini malati di cancro: TUTTO E’ POESIA.
Questo è quanto, caro amico, che presto ci vedremo da queste parti, ti saluta affettuosamente
Ernesto Cardenal

Laboratori di poesia. Un valore anche terapeutico?

— Giuseppe Masera

Nel lungo percorso di 50 anni, impegnato nella lotta contro le leucemie del bambino, ho scoperto un particolare valore  della poesia quando incontrai nel 1985-86 due poeti nicaraguensi:

Fernando Silva, pediatra-POETA, Direttore dell’Ospedale per bambini Mascota di Managua (Nicaragua) ed Ernesto Cardenal, sacerdote, già Ministro della Cultura nel Governo Sandinista, ed uno dei maggiori poeti dell’America Latina.

Il primo mi colpì per il “Sogno”, che ebbe l’ardire di proporre, di poter creare un Centro  per la diagnosi e la cura dei tumori e delle leucemie chiedendo collaborazione a noi del Centro di Monza. Gianni Tognoni, farmacologo del “Mario Negri” allora impegnato in Nicaragua per il problema dei farmaci essenziali, fece arrivare a Monza un messaggio di Fernando Silva “quando facciamo diagnosi di leucemia o di tumore, con la mia penna devo disegnare una piccola croce nera accanto al nome del bambino. Non abbiamo la possibilità di trattarlo e di offrirgli almeno la speranza di guarigione”.

Cardenal mi colpì perché, nei primi anni ’80, Ministro della Cultura del Governo Sandinista, promuoveva un grande programma di alfabetizzazione nel paese da poco uscito da una feroce guerra civile, e realizzava “Laboratori di Poesia” aperti a tutta la popolazione,  a non poeti (militari, pescatori, contadini etc.) secondo il concetto: in ogni essere umano esiste un potenziale poeta che può esprimersi con “Verso Libero” non condizionato dai criteri classici della rima e della metrica. Inoltre aveva inserito la Poesia nella “canasta basica”, nell’elenco cioè dei beni essenziali per la vita della gente comune. Grazie anche al fascino di questi due poeti, iniziò allora un “gemellaggio” Managua-Monza che è proseguito con successo negli anni successivi.

Ho incontrato Cardenal nel 2005 a Reggio Emilia e abbiamo condiviso l’idea di avviare un progetto di Poesia con i bambini in terapia per leucemia o tumore dell’Ospedale La Mascota.

L’anno successivo, in occasione della mia visita annuale a Managua, ho assistito al primo incontro del poeta che, con altri poeti-amici, si riunivano con i bambini della Mascota sereni e contenti di non incontrare medici o infermiere ma persone un po’ strane, molto gentili che parlavano di poesia. E dopo una fase preliminare, quasi tutti si sono messi a scrivere. Da allora questo gioco poetico si è realizzato quasi ogni settimana ed ha già consentito la pubblicazione di due libri. Un terzo è in pubblicazione in Svizzera. Racconta Cerdenal “La capacità di scrivere di questi bambini è incredibile: si trovano nel giardino dell’Ospedale a scrivere o dettare e descrivono, a me e agli altri poeti che mi aiutano, gli animali come se li avessero davanti agli occhi. Le loro poesie parlano della nostalgia per i loro villaggi”.

Nel Novembre del 2013, in occasione della mia ultima visita a Managua, ho visto il poeta (89 a) che si avvicinava lentamente, un po’ curvo, con la sua tunica bianca, ai suoi ragazzi per un nuovo Laboratorio di poesia.

Antonetta Carrabs, recependo la metodologia di Cardenal, nel 2009-2010 ha frequentato per un anno il reparto di Ematologia di Monza incontrando ogni settimana i bambini ricoverati. Anche questa esperienza è stata un successo e si è conclusa con la pubblicazione di un libro di grande interesse I miei sogni sono come conchiglie (Rizzoli BUR Ragazzi). L’incontro recente con Milton Fernandez e Antonetta Carrabs ci ha stimolato a riflettere sui Laboratori di poesia realizzati da Cardenal negli anni 80 in Nicaragua e sulla possibilità di ripetere tale esperienza anche in Italia, inizialmente e Milano e Monza. Tutto questo nella speranza che tali laboratori possano richiamare maggior interesse verso la poesia anche per un suo ruolo sociale.

In situazioni difficili la persona, anche se assistita da familiari ed amici, può sentirsi sola per la difficoltà a comunicare i propri sentimenti: speranza, tristezza, sofferenza, gratitudine, ecc. Inoltre la solitudine è resa ancora più dolorosa dalla difficoltà di incontrare qualcuno che voglia-sappia ascoltare. La Poesia, come anche la narrazione, può consentire di fare emergere quanto resta per lo più inespresso potendo così superare il muro della afasia e della incomunicabilità.

I promotori di questa iniziativa sono esperti di diverse aree culturali-professionali: Poesia (Antonella Carrabs, Milton Fernandez, Guido Oldani, Achille Curcio),  Psicologia (Marcello Cesa Bianchi, Antonella Delle Fave), Pediatri (Momcilo Jankovic, Giuseppe Masera), Ricerca (Gianni Tognoni), Giornalismo (Salvatore Giannella).

Questa interprofessionalità dovrebbe consentire di poter meglio monitorare, valutare, promuovere un programma che si caratterizza anche per il significato di ricerca sul valore terapeutico o, almeno, di promozione di un momento di benessere, lieve ma non trascurabile, per chi scoprirà di saper esprimere i propri sentimenti anche grazie alla poesia. A questo punto ci si potrebbe chiedere che senso ha impegnarsi in questa iniziativa che si rivolge a persone che, per lo più,  stanno vivendo esperienze difficili. La risposta può essere trovata nella “Leggenda della stella marina”:

Un uomo d’affari in vacanza stava camminando lungo una spiaggia quando vide un ragazzino.
Lungo la riva c’erano molte stelle di mare che erano state portate lì dalle onde
e sarebbero certamente morte prima del ritorno dell’alta marea.
Il ragazzo camminava lentamente lungo la spiaggia
e ogni tanto si abbassava per prendere e rigettare nell’oceano una stella marina.
L’uomo d’affari, sperando d’impartire al ragazzo una lezione di buon senso,

si avvicinò a lui e disse,
“Ho osservato ciò che fai, figliolo.
Tu hai un buon cuore, e so che hai buone intenzioni,
ma ti rendi conto di quante spiagge ci sono qui intorno

e di quante stelle di mare muoiono su ogni riva ogni giorno?
Certamente, un ragazzo tanto laborioso e generoso come te
potrebbe trovare qualcosa di meglio da fare con il suo tempo.
Pensi veramente che ciò che stai facendo riuscirà a fare la differenza?”
Il ragazzo alzò gli occhi verso quell’uomo,

e poi li posò su una stella di mare che si trovava ai suoi piedi.
Raccolse la stella marina, e mentre la rigettava gentilmente nell’oceano, disse:
“Fa la differenza per questa”.

La musica delle parole

— Antonetta Carrabs

La musica delle parole è un laboratorio poetico che ho tenuto dall’ottobre 2009 e, per un anno intero, nel reparto di Ematologia della Clinica pediatrica dell’Università Milano Bicocca – ospedale San Gerardo di Monza. Durante i laboratori di poesia, i bambini malati di leucemia hanno sviluppato una grande creatività e facilità di espressione. Secondo Masera la poesia ha arricchito la strategia terapeutica nell’oncologia pediatrica e ha aggiunto un ulteriore contributo alla terapia globale-olistica, contribuendo così alla resilienza, la crescita positiva dopo il trauma della malattia e delle cure.

Sono entrata in reparto con un po’ di timore ma con la speranza di poter contribuire, con la poesia, ad aprire finestre nuove di comunicazione attraverso le quali i bambini avrebbero potuto guardare e raccontare la propria vita, trasferendo così nelle parole il peso del loro dolore, della speranza, delle illusioni, delle difficoltà che erano costretti a vivere. I dipinti e i versi di alcuni grandi poeti sono stati veri incipit motivazionali durante la narrazione: Monet con il suo luogo di natura ventoso e il colore azzurro degli alberi, i fiori dei ciliegi della corte imperiale di Kyoto, i versi di Leopardi, di Montale… L’entusiasmo dei bambini per la poesia ha sorpreso tutti e soprattutto me.

Le poesie dei bambini hanno narrato la purezza dell’acqua, il volo degli uccelli, la vita che spunta dalla terra fin dentro i boccioli pallidi. Ogni insetto, ogni fiore sbocciato è diventato un compagno di avventura. La natura è stata la protagonista assoluta con la sua bellezza senza scopo: la voce degli alberi, il borbottare dei ruscelli, il profumo delle primule e della lavanda sui ciuffi di prato, a primavera.

Ho realizzato il laboratorio poetico facendo tesoro dell’esperienza di Ernesto Cardenal: per il poeta la poesia è bene comune di cui si può vivere come il pane, l’acqua, l’aria. Al San Gerardo ho avuto modo di incontrare molte volte gli stessi bambini con i quali è stato più facile tessere quel filo di Arianna fatto di complicità e di fiducia che ha favorito la comunicazione e l’espressione. Attraverso la poesia i bambini hanno avuto anche modo di raccontare le loro paure, i loro bisogni e i sentimenti, utilizzando il verso libero.

Non è stato importante trovare la rima giusta, né rispettare la punteggiatura, l’ortografia, la lunghezza del testo. I bambini hanno avuto la licenza di scrivere qualsiasi cosa. Ogni poesia è nata spontaneamente come può nascere un fiore o un tramonto.

Ogni poesia è arrivata come un soffio tiepido (Alessandra)

Affidandomi alle parole dei bambini posso così affermare che la poesia ha favorito:

la resilienza – vorrei dire a tutti che la mia esperienza pur mettendoti in difficoltà è un’esperienza positiva/ perché impari a vivere in modo diverso /tutto questo fa nascere un bellissimo sentimento(Lorenzo);

la consapevolezza della malattiami affido a te per parlarti di questa febbre misteriosa che ho da venerdì /di questa mia debolezza dei miei fremiti di vita (Paolo);

il bisogno di dimoral’aria ha il profumo delle rose, /una felicità che ha il sapore di cioccolato, /c’è una casetta sull’albero grande, tutti insieme lassù siamo al sicuro, /siamo protetti (Josef);

il ricordoho conosciuto il silenzio di questa stanza /dove ho incontrato i miei pensieri che sono andati sempre al mio caro Axel, /un grosso pastore tedesco. (Alessandra).

Grazie alla preziosa  esperienza con i bambini ricoverati presso la Clinica Pediatrica di Monza, avrò piacere di collaborare con quei Centri dell’Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica (AIEOP), che, sensibilizzati dal dr. Jankovic, vorranno partecipare a questa iniziativa.

Cantiere aperto

— Milton Fernandez

“A quattro anni dipingevo come Raffaello,
poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”.
Pablo Picasso

Che cos’è Poeti Fuori strada?

Innanzitutto, l’idea di un Laboratorio Permanente di Poesia che si proponga di incidere sul reale, al punto di arrivare a trasformarlo, o quantomeno, di modificare il nostro sguardo e il nostro modo di concepirlo.

È tratto dai Talleres de Poesìa messi in atto durante la rivoluzione nicaraguense da parte del poeta Ernesto Cardenal. E, soprattutto, dai laboratori tenuti dallo stesso Cardenal con i bambini ricoverati nel riparto oncologico dell’ospedale La Mascota di Managua, ai quali era arrivato spinto dal Dott. Giuseppe Masera, che gli aveva proposto la realizzazione di questa inusuale esperienza letteraria e umana.

A sua volta Cardenal aveva ripreso i metodi dello scrittore statunitense Kenneth Koch, autore di diversi libri che raccontano i fantastici risultati ottenuti dai workshop di Letteratura Terapeutica a New York con persone della terza età.

Così cominciò questa avventura.

Così nacque la prima di una serie di raccolte di Poesia Libera, senza i limiti imposti dalla rima o la metrica, la sintassi o l’ortografia. Libera persino, alle volte, della necessità della scrittura, giacchè molti di questi bambini non erano in grado di tenere una penna in mano, ma nulla impediva loro di creare immagini poetiche. Di fare poesia.

Questi laboratori, che oggi proponiamo, e che partiranno in versione sperimentale a Milano (ma contiamo sul fatto che possano estendersi ovunque) nascono dalla proposta di una poesia Esteriorista, propugnata da Cardenal nella sua lunga esperienza, che viene mirabilmente riassunta nel testo di Michael Pèrez (7 anni), un bambino nicaraguense in quei giorni ricoverato all’ospedale La Mascota.

Formica,
foglie,
libri,
cancellino,
borsa,
sandali,
cocco,
sasso,
orologio,
occhiali,
fiore,
uccelli (…)

tutto è poesia.

“Di solito dico ai ragazzi (o agli anziani) che scrivere poesia è facile, che tutti possiamo farlo, che se ne accorgeranno subito. Dico loro che fare poesia è divertente, più o meno come giocare o fare degli indovinelli, che possono parlare di qualsiasi cosa, che possono scrivere tutto quello che gli viene in mente, che non importa la lunghezza, perché una poesia può essere lunga o breve.

Al principio dicevo loro di non cercare di scrivere in rima, con parole che finiscono con lo stesso suono, ma poi mi sono accorto che non era necessario, perché bastava leggere loro delle poesie in verso libero, o che fondamentalmente non dipendevano dalla ripetizione del ritmo o della rima. (A questo proposito sono fondamentalmente convinto della profonda verità della frase di Goethe: “l’essenza della poesia è ciò che ne rimane quando viene tradotta in prosa in un’altra lingua” – correggendo Goethe, io sostituisco la parola Prosa con Verso libero, che poi è quello che avrebbe detto lui se ai suoi tempi si fosse fatto uso del verso libero e che è il modo in cui è stata scritta gran parte della poesia universale, a cominciare da quella biblica)”

Abbiamo bisogno di compagni di viaggio. Poeti in grado di abbassare lo sguardo verso quelle zone dove spesso si annida la sofferenza, quella vera, reale, che si può persino toccare con mano.

Quella realtà spesso subita, raccontata in una prosa che fotografa ma non incide, quasi fosse parte di un presente inamovibile.

Poeti disposti a spogliarsi di titoli e prosopopee, persino della propria condizione di poeti, per mettersi “al servizio della poesia”, coscenti del fatto che non andiamo a insegnare nulla, ma soltanto a indurre a provarci, a capire che la poesia è un bene comune, alla stregua dell’aria che respiriamo, e perfino un diritto, come quello di poter guardare in avanti con occhi nuovi.
— Milton Fernandez

La poesia come possibile terapia

— Marcello Cesa-Bianchi e Alessandro Porro

Al giorno d’oggi, il tema della medicina narrativa appare ai nostri occhi ammantato di sfavillante modernità, al fianco di tutti i prefissi determinanti l’atto terapeutico posto in rapporto con l’arte o le arti: vedansi lo stesso, omnicomprensivo termine di arte-, ma anche musico-, teatro-, danza-terapia, e potremmo dilungarci nella ricerca di termini e definizioni sempre più specifiche.

Va da sé che le radici di questa presunta modernità sono assai remote e nei quasi tre millenni della medicina della nostra civiltà occidentale tutti questi aspetti hanno trovato un loro specifico luogo d’incontro, all’interno del complesso rapporto terapeuta-paziente (o medico-paziente, o curante-paziente). Trattare di poesia come possibile terapia, significa cercare di contestualizzare una forma letteraria specifica – quella poetica – nell’ambito di tutte le gamme caratterizzanti il rapporto con il paziente. Allora, si potrà inizialmente affrontare il tema più vasto della letteratura (il contenitore) per poi giungere alla poesia (il contenuto). Medicina e letteratura riconoscono una lunga storia che le accomuna. Il primo spunto di riflessione (ovvero il primo punto di osservazione) può essere quello rappresentato dai letterati che scrivono anche di medicina: figli del loro tempo, ce ne trasmettono la percezione, l’immagine, fotografano quanto perviene a caratterizzare la mentalità individuale e collettiva e da questa viene influenzato. I letterati di ogni tempo hanno parlato, descritto con attenzione e dovizia, varie malattie, fisiche e psichiche; hanno spesso avvicinato, attraverso il linguaggio narrativo e poetico, la pratica e la cultura medica alla conoscenza di molte persone.

I grandi temi della vita come la salute, la sofferenza, i sentimenti, le passioni, il nascere e il morire sono stati affrontati nella prosa, nel teatro e nella poesia. Molte volte gli scrittori hanno anticipato, espresso concetti che sono stati successivamente elaborati dalle scienze psicologiche.

Romanzi, racconti, aneddoti, commedie, tragedie, poemi, poesie parlano dell’essere umano, ne esplorano l’animo, le sue caratteristiche, cercano di coglierne la profondità, di svelarne il mistero.

Attraverso le vicende narrate di personaggi, delle loro esperienze e parole i letterati ispezionano, intuiscono, esaminano la condizione esistenziale dell’uomo, fra gioie e dolori, benessere e malattia, smarrimenti e serenità. Il secondo spunto di riflessione è quello che ci ricorda che è possibile anche il verificarsi della condizione opposta, giacché molti medici hanno scritto brani, opere letterarie, più o meno affermate. E non si tratta del un sottoinsieme di chi è anche – magari incidentalmente – medico, ma di chi, da medico, si propone di rendere un’immagine della società: in questo contesto, anche la casistica scientifica può, ammantandosi dell’analisi sociale, rendercene un’immagine precisa. Come in un rimando di specchi, quindi, letterati e medici si incontrano e si parlano, ci incontrano e ci parlano. Nella letteratura e nella medicina si esprime il desiderio di sapere, di capire, da sempre.

Artista e medico ricercano la verità – la loro verità che spesso è una parte della nostra – nella realizzazione di un’opera: raffigurativa, descrittiva e curativa. La sensibilità verso il dolore, il sentimento, la vita uniscono medicina e letteratura. Vi sono biografie di medici che riflettono la dedizione profonda al loro lavoro, alla cura dei loro assistiti e storie di letterati alla continua ricerca dello spirito umano, della sua dignità e libertà. Scriveva Dante, rivolto a se stesso, nel XXIV Canto del Purgatorio: “I’ mi son un che, quando / amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’è ditta dentro vo significando”. Nascono dentro l’animo le parole per esprimere la natura dell’uomo, i suoi significati.

Si incontrano medicina e letteratura, il medico e il letterato nell’esercizio della parola per lenire, sostenere ciò che appassiona, coinvolge, affligge la vita di una persona, la propria o quella di un altro. L’espressione del pensiero in un testo letterario, in un’opera d’arte, la cura di un malato comunicano e realizzano una parte si sé. Medicina e letteratura si manifestano, si compiono affiancando, comprendendo un altro, un proprio simile, sano o sofferente.

Arte e scienza sorgono, camminano e terminano nella storia e nella vita dell’uomo, affiorano e si determinano nell’esperienza di una persona per proseguire, a volte, in quella di molti altri, anche per un tempo indefinito. Il compito principale della medicina è di prevenire e curare le malattie, le sofferenze del corpo e della mente. Non è sempre facile, non sempre si riesce. Talvolta mancano i mezzi, strumentali ed economici, conoscitivi e culturali. La ricerca è la spinta fondamentale per approfondire il sapere, chiarire i dubbi, superare le difficoltà e i limiti, aprire nuovi orizzonti e speranze ai malati, ai loro familiari, a chi li assiste. La letteratura ha rappresentato in varie occasioni la lanterna, il sismografo della conoscenza, in molti campi, compreso quello della medicina.Il passo successivo introduce necessariamente la figura del paziente. Una buona lettura ha un effetto terapeutico, come l’ascolto di un brano musicale, come la parola, lo sguardo e la partecipazione del medico alla sorte del suo paziente. Tuttavia, il tema che maggiormente ci interessa, nel presente contesto, è quello della poesia, del suo ruolo terapeutico, delle sue possibilità in casi di particolare fragilità o disagio.

Per esempio, l’affermazione dell’arte terapia, che si va sempre più estendendo nelle istituzioni per anziani, e la rilevanza acquisita anche in ambito terapeutico dalla creatività costituiscono un presupposto essenziale per la stimolazione alla realizzazione poetica, avviata in un progetto internazionale di ampio respiro.Sotto l’aspetto psicologico, è possibile rilevare che la creazione poetica può rappresentare un elemento essenziale per consentire che l’espressione della propria individualità concentri il pensiero della persona, distaccandolo dalla disabilità e dalla patologia.

Ci si può soltanto domandare se questa possibilità – di realizzare una poesia – riguardi tutti o soltanto coloro che abbiano una tendenza potenziale in tal senso.

Per chi non possiede tale predisposizione, è necessario evitare una forzatura che potrebbe avere delle conseguenze negative.

Sembra quindi opportuno esplorare nella mente della persona per cogliere la sua predisposizione a comporre una poesia, eventualmente concordando l’argomento e interrompere l’operazione nel caso si presentassero problemi. Si tratterà anche di verificare, a poesia composta, il risultato che pare si sia acquisito, elencando accanto agli effetti positivi, anche quelli eventualmente negativi, in termini sia di obiettività che di soggettività. Riteniamo di particolare interesse compiere ricerche sulla composizione poetica in età senile, dove si può presumere che le persone possano particolarmente avvantaggiarsi di questa possibilità, migliorando in molti casi il processo di invecchiamento.

Il modello progettuale internazionale di ampio respiro a cui si faceva cenno, fa riferimento ad una forma di poesia svincolata dai limiti imposti dalla rima o dalla metrica, dalla sintassi o dall’ortografia; una poesia in grado di incidere sul reale, al punto di modificare il nostro sguardo e il nostro modo di concepirlo, definita come verso libero.

Molte appaiono le assonanze con alcune esperienze poetiche proprie delle nostre regioni all’inizio del Novecento. Viene alla mente – mutatis mutandis – l’esperienza della poesia futurista: essa era liberata dalle regole della grammatica, dell’ortografia, della punteggiatura, destrutturata e ricomposta, ma era collegata alle esperienze di novità di quel tempo che ci appare lontano.

Oggi il mondo è mutato, ma il valore intrinseco della poesia non muta, ed anzi appare di maggiore utilità proprio in relazione alle persone con maggiore fragilità, o quando la guarigione o la risoluzione del problema non appaiono più possibili.

— Cesa-Bianchi M., Prefazione, in: Medicina e letteratura. A cura di Carlo Cristini e Alessandro Porro, Rudiano, GAM, 2007, pp.7-8.

Posso solo augurare a chi si pone per questi cammini

— Gianni Tognoni

Posso solo augurare a chi si pone per questi cammini Fuori-Strada di essere fedele al nome che si è scelto: tanto denso di leggerezza e serietà. Perché porta in se’ la libertà del gioco, e l’impegno ad identificarsi con le vie non battute, e di cui sono ignoti gli sbocchi. Espone chi cammina al rischio della marginalità, ed insieme alla sorpresa di scoprire volti e tesori inattesi. Suggerisce orizzonti non pre-definibili, ma di cui ci si impegna a raccontare la ricchezza ed i segreti nelle lingue più diverse: fatta di parole, sogni, storie di persone, danza, silenzi…

Ci dichiara tutte/i: obbligati e appassionati — con leggerezza e serietà — nel creare spazi e tempi che rendono più facile, per chi più ne ha bisogno-nostalgia, credere, e condividere, giorno per giorno, la bellezza senza fronzoli di una vita nella dignità.

(Direttore del Consorzio Mario Negri Sud. Membro della Commissione Unica del Farmaco (CUF) del Ministero della Sanità. Membro della Sottocommissione Sperimentazione Clinica Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) Segretario generale del Tribunale Permanente Dei Popoli.)

La poesia è l’espressione più intima del proprio io

— Momcilo Jankovic

La poesia è l’espressione più intima del proprio io, la frase è il reale momento della verita’, istintivo, impulsivo ma sincero. Saper cogliere è importante ma ancor di piu’ è saper tradurre poesie e frasi in azioni e attivita’ che completino il percorso di assistenza psicosociale non solo curativa ma anche e soprattutto preventiva. Si guarisce meglio e si affrontano meglio i disagi di una malattia se si è “sereni” dentro e l’arte in questo è MAESTRA. L’arte pero’ va poi capita, valorizzata e capitalizzata e questo possono farlo al meglio i diversi operatori sanitari e non , filtrati in testa dalla psicologa/o. Questa è la mia premessa al progetto “POESIA e FRASI” per i bambini/adolescenti affetti da leucemia o linfoma.

Modalita’: Raccolta di poesie o frasi di bambini/adolescenti affetti da leucemia o linfoma nelle diverse fasi della malattia compresa la fase dopo l’interruzione delle cure ( non sono contemplati scritti o lettere). Predilezione: Fase terminale di malattia A chi?: prevedo di promuovere l’iniziativa a molti Centri AIEOP.

POETI FUORISTRADA

— Guido Oldani

C’è un tempo per ogni cosa. Questa è un’era tellurica che il sismografo della cultura e della poesia, in particolare, sembra non intercettare. Il terzo millennio è un’altra cosa, che si cerca di affrontare con qualche perfezionamento da sopravvivenza e niente più. Un po’ come quel valoroso che, morto in battaglia, non se ne avvede e continua a combattere. In realtà il modello è molto semplice: popoli vari si accatastano nelle metropoli, commisti a manufatti, mescolandosi democraticamente in un addizionarsi di continui sopraggiunti. Siamo diventati un’altra specie, che è quella del mio “Realismo Terminale”, specie che si esprime con predilezione con la nuova acquisizione della natura che si paragona agli oggetti. In un altro millennio, forse avrei diffidato dei “poeti fuoristrada”, ora no.

Come sul finire delle guerre , vanno in battaglia anche i ragazzini ( chi non ricorda i ragazzi del 99, nella prima guerra mondiale?),oggi che la poesia è come un vecchio fiore ancora bello ma di una specie estinta, c’è necessità di forze nuove, di antenne diverse, di creatività inimmaginabile. Ecco allora che i malati sono i ragazzi del 99, una primavera strana in una cultura che, non avendo più stagioni, crede di essere un’antichissima estate. Sono questi malati, che non avrebbero mai pensato forse di scrivere poesie, i possibili “poeti fuoristrada”. Hanno dalla loro la sofferenza, risorsa imprevedibile che forse dà l’opportunità di dire cose indicibili, tale da rendere questo poeta, fautore di un ampliamento dei suoi confini esistenziali, conoscitore di quello che non avrebbe mai pensato di scovare in sé. Nasce così un di più di motivazione e di raccolto letterario, forse anche poetico. Il bello è che si  tratta di autori che pensano né alla carriera letteraria né alla poesia come hobby di fine settimana.

Qui è tutto terribilmente e splendidamente quello che è, senza giochi verbali artificiosi e senza pretesti espressivi. Chi scrive, che ha compreso come oggi si possa facilmente incontrare nella scrittura delle “Similitudini Rovesciate”, si accorge che nei “poeti fuoristrada” la liberalità stilistica a volte ne è generosa, come se i “fuoristrada” fossero meno intorpiditi dal clamore ottuso in cui viviamo. Era Omero che, nella sua  Iliade, ci ricordava che il guerriero morente, collegato di già con l’altra vita, vede di più, a volte meglio e profetizza. I “poeti fuoristrada” fanno germogliare una parte di sé; noi, attraverso di loro, veniamo a conoscere qualcosa di più della volta celeste.

Riflessioni sulla poesia come sorgente di esperienze ottimali

— Antonella Delle Fave

L’essere umano da sempre si interroga sull’origine della sofferenza e sulla ricerca della felicità. In seno alle tradizioni filosofiche e religiose di tutte le culture sono state elaborate risposte che permettessero di soddisfare tale ricerca di causa e di senso, squisitamente e ineludibilmente umana.

Negli ultimi due secoli sono emerse prove via via più evidenti della casualità insita nel mondo fisico e nell’evoluzione biologica. Il concetto di fitness come adattamento alle pressioni ambientali, e il primato dell’eredità biologica rispetto ad altri fattori di influenza sul comportamento umano hanno dominato modelli e teorie di gran parte delle scienze, compresa la psicologia. Nonostante questa spiccata enfasi sulle radici biologiche della realtà, gli scienziati stessi non hanno desistito dalla ricerca di dimensioni dell’esistenza che trascendessero i fantasmi del caso e del caos. Lo sforzo di armonizzare l’evidenza empirica con la dimensione simbolica ha dato luogo ad una vasta gamma di teorie e modelli descrittivi della realtà che hanno generato nuovi quesiti e tentativi di risposta.

Recentemente, la psicologia positiva è emersa come ambito di ricerca specificamente focalizzato sullo studio del benessere e della sua promozione.

Le ricerche che ad essa fanno capo si articolano in due diverse prospettive: l’edonismo e l’eudaimonia. La prima è centrata sul concetto di subjective well-being (SWB), che include una componente affettiva (presenza di emozioni positive ed assenza di emozioni negative) e una cognitiva (la soddisfazione di vita). La seconda prospettiva invece utilizza i termini psychological well-being o eudaimonic well-being (PWB, EWB) ed è centrata su costrutti quali auto-realizzazione, auto-determinazione, punti di forza e virtù, costruzione di significati e di obiettivi. Il termine eudaimonia è utilizzato nell’accezione proposta da Aristotele nell’Etica Nicomachea: esso implica un processo di interazione e mutua influenza tra benessere personale e benessere collettivo, tale per cui la felicità individuale si realizza nello spazio sociale. Nella prospettiva eudaimonica il benessere non è sinonimo di piacere e di emozioni positive; vengono piuttosto enfatizzate la capacità di perseguire obiettivi significativi per il singolo e la società, lo sviluppo di abilità ed autonomia, le competenze sociali [1]. Questi elementi permettono di studiare il benessere nella sua dimensione complessa, e di esplorare le relazioni tra qualità di vita percepita, definizione di obiettivi ed azione sociale, svincolando i ricercatori dall’angusto approccio razionalistico e individualistico che caratterizza molte ricerche psicologiche.

E’ ormai noto che una condizione di malattia può essere vissuta come problema, ma anche come sfida e opportunità. A fronte di limitazioni nelle attività quotidiane, infatti, persone con patologie croniche spesso riferiscono una buona o eccellente qualità di vita. La psicologia positiva ha fornito importanti contributi in questo ambito, evidenziando le risorse che concorrono ad un buon adattamento alla malattia [2]. L’obiettivo di questo progetto – diffondere una concezione della poesia quale strumento di promozione del benessere – si colloca per antonomasia nella visione eudaimonica. Descrivere attraverso la poesia il proprio vissuto e la propria visione della realtà favorisce l’espressione di abilità, lo sviluppo di capacità, e la costruzione di un senso e significato – tutti elementi che a pieno titolo rientrano nella definizione di benessere eudaimonico.

Vorrei però portare l’attenzione su un aspetto diverso, ovvero l’esperienza creativa in sé, l’azione stessa di scrivere. Molti studi hanno dimostrato che l’atto creativo che si esplica attraverso ogni forma d’arte – inclusa la poesia – si accompagna molto spesso ad un particolare stato di coscienza: l’esperienza ottimale (o flow) [3,4]. Si tratta di uno stato positivo e complesso caratterizzato da elevata concentrazione, coinvolgimento nell’attività e assenza di auto-osservazione. Durante questa esperienza le persone si descrivono totalmente assorbite dall’attività, che rappresenta per loro una

sfida impegnativa e complessa, ma al tempo stesso commisurata alle loro capacità e risorse; si sentono temporaneamente separate dal mondo esterno e dai propri problemi; percepiscono il desiderio di svolgere l’attività in quanto gratificante di per sè, e non strumentale al raggiungimento di qualche altro obiettivo. L’esperienza ottimale viene attivamente ricercata e replicata nella vita quotidiana mediante la coltivazione selettiva delle attività che ne favoriscono l’insorgenza. Queste attività possono essere le più varie, dal lavoro alle interazioni sociali, dagli sport alle arti, dallo studio alla preghiera. Essa inoltre riveste un ruolo fondamentale nel processo di crescita personale: infatti, la coltivazione preferenziale delle attività ad essa associate promuove l’affinamento progressivo delle relative abilità e capacità personali, e la ricerca di opportunità d’azione sempre più complesse. Inoltre, le attività associate all’esperienza ottimale sono replicate in virtù di una gratificazione intrinseca, piuttosto che di ricompense materiali o dell’approvazione degli altri.

Queste caratteristiche dell’esperienza ottimale la rendono uno strumento di promozione del benessere fondamentale, soprattutto in condizioni di malattia o di disabilità [5]. In questa particolare condizione, proprio le attività artistiche come la poesia collaborano per eccellenza al duplice scopo della esperienza ottimale. Infatti, esse permettono alla persona di dare voce al proprio vissuto interiori, a condividerlo con gli altri, e – attraverso la sua oggettivazione nei versi – a comprenderlo meglio e a gestirlo in modo più consapevole [6, 7]. Inoltre, la coltivazione delle abilità di scrittura può trasformare la poesia da azione occasionale, o attività di tempo libero, in un investimento in termini di studio o di professione, con un ulteriore ampliamento del suo valore e significato per la traiettoria di sviluppo e progettualità dell’individuo.

Più in generale, a livello sociale la cultura rappresenta il prodotto di un’eredità transgenerazionale, che continuamente si implementa e si trasforma promuovendo lo sviluppo della complessità della comunità. Supportare quindi l’attenzione e l’interesse per la pratica dell’arte e della cultura non solo ne dispiega le potenzialità come strumento per generare benessere, ma è altresì necessario per costruire società basate sulla partecipazione e sulla condivisione [4]. Questo obiettivo diventa ancora più rilevante laddove i protagonisti sono persone che, a causa delle loro condizioni di fragilità, hanno spesso minori possibilità di coltivare le proprie abilità e realizzare le proprie aspirazioni. Se incoraggiate a trasmettere pensieri e vissuti attraverso il veicolo della poesia, queste persone possono diffondere un messaggio di sofferenza ma anche di speranza, di fatica ma anche di determinazione. La nostra società decadente e sfiduciata oggi ne ha molto bisogno.

Riferimenti bibliografici

[1] Ryff CD, Singer BH (2008) Know thyself and become what you are: A eudaimonic approach to psychological well-being. Journal of Happiness Studies, 9:13-39

[2] Delle Fave A, Massimini F (2003) Making disability into a resource. The Psychologist 16:133-134

[3] Csikszentmihalyi M (1975/2000) Beyond Boredom and Anxiety. Jossey Bass, San Francisco.

[4] Delle Fave A, Massimini F, Bassi M (2011) Psychological selection and optimal experience across cultures. Social empowerment through personal growth. Dordrecht, NL: Springer Science.

[5] Delle Fave A, Massimini F (2005). The relevance of subjective wellbeing to social policies: optimal experience and tailored intervention. In Huppert F, Keverne B, Baylis N (eds), The Science of Wellbeing, pp 379-404. Oxford: Oxford University Press.

[6] Stebbins RA (1997) Serious leisure and well-being. In J.T.Haworth (ed.) Work, Leisure, and Well-being, pp 117-130. London: Routledge.

[7] Niederhoffer K.G., Pennebaker J.W. (2002). Sharing one’s story. On the benefits of writing or talking about emotional experience, In C.R. Snyder, S.J. Lopez (eds.), Handbook of Positive Psychology, pp. 573-583. New York: Oxford University Press.

PROLOGO

— Ernesto Cardenal

Circa due anni fa, durante un viaggio in Italia ho incontrato il Dr. Giuseppe Masera, primario di un ospedale pediatrico vicino a Milano. Il dottore mi aveva voluto incontrare per propormi un progetto che prevedeva l’insegnamento della poesia ai bambini malati di leucemia in Nicaragua. Da vari anni questo illustre medico visitava periodicamente il Nicaragua, portando consulenze tecniche ed aiuti finanziari per questi bambini ricoverati nell’ospedale pediatrico La Mascota, il cui primario era il nostro grande poeta e medico Fernando Silva. Immagino che il Dr. Masera fosse informato dell’ampio programma di laboratori di poesia che avevamo sviluppato durante la rivoluzione, quando ero Ministro della Cultura.

Durante il nostro incontro in Italia, mi spiegò che i bambini malati di leucemia sviluppavano una grande creatività e facilità di espressione, quindi riteneva che potessimo provare ad insegnare loro a fare poesia, un esperimento che poteva avere un alto valore terapeutico, oltre a rappresentare una sorta di piano-pilota, che avremmo, in seguito, potuto estendere ad altri paesi dell’America Centrale. Devo dire che accettai immediatamente la proposta del Dr. Masera. Sin dall’inizio, durante questa prima conversazione, pensammo che avremmo potuto contare sull’appoggio di mia nipote Claudia Chamorro, che il Dr. Masera avrebbe incontrato di lì a poco in Europa e che desiderava aiutare i bambini malati di leucemia, perché aveva perso suo figlio Tolentino a causa di questa malattia (come racconta molto bene nel suo commovente libro Tiempo de Vivir). Così fu e, pur non abitando in Nicaragua, Claudia Chamorro si incaricò dell’organizzazione di questo laboratorio poetico per bambini che avevo accettato di dirigere. Un anno dopo l’inizio del progetto, anche grazie all’aiuto di Claudia Chomorro, stiamo pubblicando questa prima selezione di ciò che è stato prodotto al suo interno.

Per questo laboratorio mi sono stati molto utili tre libri scritti dal poeta nordamericano Kenneth Koch. Uno di essi, I Never Told Anybody, parla proprio di un laboratorio poetico che il poeta ha curato in un ospizio di New York, in cui insegnava a scrivere poesia (e, molto spesso, buona poesia) a persone che non solo avevano un’età avanzata, ma, in molti casi, anche vari acciacchi e dolori: alcuni erano costretti su una sedia a rotelle, altri si lamentavano per l’artrite o per i reumatismi, altri ancora erano sordi o di cattivo umore, oppure si addormentavano improvvisamente. Altri due libri di Kenneth Koch, Rose, Where Did You Get That Red? e Wishes, Lies, And Dreams, parlano di numerosi laboratori di poesia (anch’essi con risultati eccellenti), che l’autore aveva proposto ai bambini nelle scuole. In questi libri, Koch presenta vari metodi che ha utilizzato per far sì che bambini o anziani scrivessero buona poesia. Uno di essi, ad esempio, consiste nel mostrare una poesia dedicata ad un animale, come la famosa poesia di William Blake a una tigre, e poi chiedere ad ognuno di scrivere una cosa qualsiasi su un altro animale (allora, i bambini creavano con grande entusiasmo poesie su un cane, un coniglio, un gatto, una farfalla).

Un altro metodo consiste nello scegliere un tema particolare come, ad esempio, il Mare, o, altre volte, dire agli alunni di iniziare una poesia con le parole: Vorrei… oppure Ricordo… oppure Ho sognato… (cui seguiva tutto quello che l’alunno voleva scrivere). Altrimenti, si può suggerire loro di creare una poesia divisa in due parti: la prima che inizia con la parola Prima, e la seconda, in contrapposizione, con la parola Adesso. Un’altra possibilità, è, invece, suggerire di scrivere una similitudine, una qualsiasi che venga loro in mente, anche se è folle.

Nel caso in cui gli alunni si rifiutino di scrivere, Koch propone di fare una poesia collettiva, in cui ogni verso venga dettato da una persona diversa, ed il risultato finale può essere molto suggestivo o divertente, e normalmente serve a stimolare tutti a scrivere individualmente. Comunque, devo dire che, benché questi metodi siano molto validi, nel nostro laboratorio poetico ne abbiamo avuto bisogno solo raramente. Generalmente, infatti, è sufficiente leggere vari esempi di poesia, scritti da bravi poeti nicaraguensi o provenienti da molte altre parti del mondo, e poi distribuire carta e matita e dire agli alunni di scrivere ciò che vogliono. Normalmente, all’inizio delle sessioni dico ai ragazzi che parteciperanno ad una lezione per imparare a scrivere poesia, che, in sé, scrivere poesia è facile e si accorgeranno che riescono a farlo. Dico anche che la poesia è una cosa divertente come i giochi o gli indovinelli, che può parlare di qualsiasi cosa, che possono scrivere tutto quello che viene loro in mente, e che non importa la lunghezza, perché la poesia può essere sia corta che lunga. Inizialmente, dicevo di non tentare di scrivere poesie in rima, con parole che terminano con lo stesso suono, ma, in seguito, ho visto che non era necessario, perché bastava leggere esempi di poesie in verso libero, o che, fondamentalmente, non dipendevano dalla ripetizione del ritmo e della rima. (A questo proposito, sono profondamente convinto della profonda verità della frase di Goethe: l’essenza della poesia è quello che ne rimane quando viene tradotta in prosa in un’altra lingua – correggendo Goethe e sostituendo «prosa» con «verso libero», che, poi, è quello che avrebbe detto lui se, ai suoi tempi, si fosse fatto uso del verso libero ed è il modo in cui è stata scritta gran parte della poesia mondiale, a cominciare da quella biblica).

Inoltre, sin dall’inizio li avverto che non devono preoccuparsi della punteggiatura o dell’ortografia, perché nella poesia non è importante e, allo stesso modo, che non importa se non sanno scrivere o non vogliono farlo, perché possono dettare la poesia. Infatti, queste sono cose che, a volte, succedono nel laboratorio: alcuni bambini non sanno scrivere o non vogliono farlo. Una volta terminate le poesie, li invitiamo a leggerle e, se non sanno leggere o se, in alcuni casi, si vergognano a recitare quello che hanno scritto, lo faccio io o qualcuna delle persone che mi accompagnano che le legge a voce alta; l’autore della poesia dettata, o quello che l’ha scritta ma non ha voluto leggere, normalmente è molto contento quando sente declamare la sua poesia a voce alta, con una buona intonazione da un’altra persona.

Le nostre lezioni di poesia si tengono una volta a settimana e durano una o due ore (approssimativamente, un’ora e mezzo). Nella prima parte, leggiamo ai ragazzi diversi tipi di poesie e nella seconda, che può occupare la maggior parte del tempo, facciamo scrivere loro (o dettare) una poesia, mentre nella terza parte, che spesso per loro è la più eccitante, le poesie vengono lette ad alta voce.

Normalmente, ai ragazzi piacciono molto i diversi esempi di poesia che leggiamo loro, ma ho notato che la maggioranza preferisce iniziare già a scrivere le proprie poesie, invece di continuare ad ascoltare. Dobbiamo, quindi, distribuire quaderni e matite al termine della dose di poesia che gli abbiamo portato, altrimenti, prima di concludere l’ascolto, alcuni di loro iniziano già a scrivere la propria poesia con carta e matita, ispirati o stimolati da quello che stanno ascoltando. Per questo motivo non è stato necessario utilizzare gli utili metodi raccomandati da Kenneth Koch che ho elencato (e molti altri che egli ugualmente raccomanda). Le poesie che leggiamo ai bambini sono quelle che consideriamo eccellenti (nazionali o straniere, contemporanee o del passato), con l’unica condizione che le possano comprendere. Se c’è una parola che non è alla loro portata e che è importante per la comprensione della poesia, non esito a sostituirla con un’altra che loro possano capire, oppure ne spiego il significato.

Se, invece, sono parole in spagnolo che si usano in altri paesi ma non nel nostro, posso sostituirle con quelle utilizzate in Nicaragua. Un’intera poesia di Emily Dickinson, ad esempio, può risultare incomprensibile ai bambini, ma non così una sua parte che descriva i movimenti di un uccellino. Allo stesso modo, un’ode di Neruda su un gallo o un colibrì contiene lunghe sezioni che i bambini possono capire e visualizzare, mentre ce ne sono altre in cui il linguaggio nerudiano risulta troppo confuso per loro e, dato il nostro obiettivo, non si perde niente ad eliminarli. I bambini adorano le poesie profondamente nicaraguensi di Fernando Silva come «Gli storni», dedicata a quegli uccelli acquatici che vivono nei nostri laghi e lagune, dei quali il poeta descrive i colori, i salti e gli strilli, le femmine più sottili, con il collo più ampio e una zampa sotto l’ala, ed i maschi sgraziati e spelacchiati; questo stimola i bambini a descrivere altri animali. Mi piace leggere loro la poesia «New Hampshire otra vez», del nordamericano Carl Sandburg, in cui il poeta ricorda i suoi viaggi in treno per il New Hampshire perché, poi, anche loro scrivano i propri ricordi, oppure i ricordi di infanzia di Walt Whitman («C’era un bambino che usciva ogni giorno…»), ed i miei, quelli della mia infanzia nella città coloniale di León, o, ancora, il ricordo di Rubén Darío della propria infanzia («Bue che vidi nella mia infanzia sbuffante vapore…»).

Gli insegniamo a scrivere di cose molto semplici, come fa William Carlos Williams parlando dell’arido cortile di un ospedale in cui brillano i frammenti di una bottiglia verde. Oppure qualcosa di altrettanto semplice come la bella poesia di Saffo in cui dice che è mezzanotte, la luna e le Sette Sorelle sono sorte e lei è sola nel suo letto; o la poesia del giapponese Hitomaro in cui descrive se stesso, solo nella camera di entrambi, vicino al letto di entrambi a contemplare il cuscino di lei. Li facciamo entusiasmare per la descrizione di una situazione quotidiana come la fruttivendola che va al mercato con il chayote, la yucca e la mentuccia (nella poesia di Joaquín Pasos), o l’invito di Robert Frost ad accompagnarlo a pulire la fontana del pascolo per i cavalli… Così, leggiamo loro poesie di paesi e tempi diversi. A volte non è necessario che l’autore sia molto conosciuto; può essere un poeta che non ha un altissimo valore letterario, ma che ha scritto una poesia breve su alcune farfalle ferme sulla sponda di una pozzanghera come se stessero leggendo una mappa, oppure su un pesce che si dibatte freneticamente negli artigli di uno sparviero…

Non ho mai diretto da solo questo laboratorio. Sono stato sempre accompagnato da altri poeti: Fernando Silva, che precedentemente era primario di questo ospedale, Julio Valle-Castillo, William Agudelo, Daysi Zamora, Luz Marina Acosta, Claribel Alegría… e, insieme a noi, il poeta Marvin Ríos, come insegnante permanente, che già in passato ha diretto laboratori di poesia e che non manca mai alle sessioni, benché noi altri, per una ragione o per un’altra, a volte ci assentiamo. Anche altre persone importanti hanno frequentato il nostro laboratorio e, fra di loro, persino l’Ambasciatrice tedesca e pittrice Christa Unzner-Koebel, che è stata così coinvolta nel laboratorio da essere l’illustratrice del nostro libro.

C’è, però, uno problema nel nostro laboratorio: la maggior parte dei bambini e delle bambine che lo frequentano normalmente non sono sempre gli stessi e, quindi, non possiamo continuare a seguirli e fare in modo che proseguano la loro produzione. I bambini malati vengono da tutte le parti del paese e seguono trattamenti differenti; i calendari delle visite nell’ospedale di Managua sono molto diversi e difficilmente coincidono con il giorno a settimana in cui teniamo il nostro laboratorio. Dobbiamo, quindi, rassegnarci al fatto che, molto spesso, abbiamo alunni nuovi. Questa, però, è una ragione in più per ammirare la poesia che presentiamo qui, perché ci sono alcuni bambini che hanno assistito più volte al laboratorio, ma una grande maggioranza di loro sono principianti. Ci consoliamo pensando che l’obiettivo principale di questo programma non era la bellezza della poesia, benché essa sia auspicabile, ma il bene che permette di fare a questi bambini.

Non è necessario dire che non tutte le poesie che abbiamo ottenuto sono belle; molte sono scadenti e neanche possono definirsi poesie, ma io seguo un consiglio di Kenneth Koch: non bisogna mai dire qualcosa di totalmente negativo su quello che è stato creato. Senza falsi elogi, dobbiamo evitare che i bambini si vergognino e, in ogni caso, possiamo dire loro che ci sono aspetti che si potrebbero migliorare, che è necessario scrivere qualcosa in più, che si potrebbe cambiare questo o quello, oppure che si tratta di un racconto e non di una poesia. Devo avvertire che le poesie qui presentate a volte sono state leggermente ritoccate, principalmente eliminando le parti meno riuscite o ridondanti; comunque, quando è possibile, facciamo queste operazioni con l’approvazione dell’autore. In ogni caso, quello che modifichiamo è minimo; non facciamo mai niente che alteri o falsifichi il testo. Non inventiamo mai un’immagine che non sia stata messa dal bambino o dalla bambina. (Farlo non avrebbe alcun senso). Devo anche aggiungere che abbiamo dovuto in parte modificare il progetto originale mio e del Dott. Masera: il laboratorio di poesie non è riservato solo ai bambini malati di leucemia, ma ai bambini malati di cancro in generale. Nell’Hospital Infantil La Mascota, infatti, non si fa distinzione fra bambini malati di leucemia o di altre forme di cancro ed inoltre, fortunatamente, il numero dei bambini che soffre di leucemia non è molto elevato. Mi rallegrano l’abbondanza e la qualità della poesia che è stata prodotta in così poco tempo in questo laboratorio e ammiro le idee che, molto spesso, hanno avuto i bambini e le bambine. Vi confesso che invidio l’immagine del pulcino che insegue un vermiciattolo che cammina «stirandosi e restringendosi», o quella delle oche che, quando stirano le ali, somigliano ad una fisarmonica «che si apre e si chiude», oppure la descrizione dei cervi con il muso sottile e il naso a punta.

La capacità di osservazione di questi bambini è incredibile: si trovano in un angolo di un ospedale a scrivere o a dettare e ci descrivono gli animali come se li avessero davanti agli occhi.

Guadalupe, di 10 anni, dice che la rana si gonfia tutta, stira la lingua e mangia insetti disgustosi, mentre, in un’altra occasione, Kevin, 8 anni, descrive le rane dicendo che hanno una coda verde e le zampe posteriori molto grandi, e che i loro musi somigliano a quelli di persone brutte che ridono. Yorling Imara, 13 anni, ricorda i conigli che corrono e saltellano con le loro lunghe orecchie e le piccole code, ed Abel, 11 anni, in un’altra sessione ancora, li presenta più dettagliatamente affermando che saltano tanto perché hanno le zampe posteriori lunghe, che si lavano da soli leccandosi le zampe anteriori più corte e, poi, passandosele sul muso, e che hanno orecchie grandi e ferme. E come non invidiare la descrizione dei serpenti, così semplice e precisa, quando si afferma che sono «lunghi» e, poi, segue il sorprendente paragone per cui, quando strisciano in terra «sembrano del fil di ferro piegato». Edwin, 13 anni, afferma di conoscere le are, o guacamayas e ci regala il buffo dettaglio dei loro piccoli pelati e quasi ciechi. Ma ancora più ammirevole è la ricchezza di particolari che ci fornisce lo stesso bambino parlando dei pinguini che, naturalmente, non ha mai visto veramente se non in televisione, ma è incredibile che si ricordi con tanta precisione quello che ha visto chissà quanto tempo prima sullo schermo.

A volte, leggendo loro esempi di poesie ho mostrato loro quanto sia divertente includere rumori o suoni e sicuramente è per questo che hanno cercato di farlo anche loro, inserendo il qua qua qua delle papere e delle oche ed il «continuo» hu hu hu del vento all’alba. Inoltre, spesso, faccio notare l’importanza dei colori nelle poesie, ed è questa la ragione dell’abbondanza e persino dell’esagerazione con cui compaiono nei loro componimenti. Non deve stupire che almeno in due poesie appaiano i colori dell’arcobaleno, senza che i bambini si siano influenzati reciprocamente, e che entrambi abbiano messo gli stessi cinque colori, benché in ordine diverso. E neanche io, che non sono un buon osservatore quanto lo sono i bambini, sono sicuro che questi siano tutti i colori che si vedono nell’arcobaleno o se ne manchi uno.

Inoltre, mi pare molto indovinata la riflessione, presente in una di queste due brevi poesie, secondo cui senza questi colori «sarebbe triste e noioso». Mi piace molto l’immagine delle colombe bianche e caffè latte che escono (probabilmente da un albero) «come foglie che si alzano in aria». Mi sembra anche molto positivo che, a volte, i bambini non si fermino alla semplice enumerazione dei colori, ma che cerchino di farne una descrizione complessa, come quando dicono che la luna piena è «una splendente lampada azzurra», o quando una bambina dice che le stelle sono «di color argento» (aggiungendo che danno molta allegria), mentre per un’altra le stelle «sono di color trasparente», il sole è giallo e la luna argentata come l’acqua. Guadalupe osserva che le nuvole «colorano il cielo», anche se avverte che a volte sono allegre ed altre tristi. La stessa Guadalupe,. poi, nomina i bei colori delle rose, aggiungendo, con un lieve tocco di malinconia: quando le tocca, i petali cadono a terra.

Questi bambini e bambine provengono da parti molto diverse del paese, molto spesso da angoli remoti. Frequentemente, le loro poesie parlano della nostalgia per i loro villaggi (molto spesso villaggi poveri), come quel bambino che ricorda «gli alberi in fiore», le strade dissestate e i bambini che giocano, o quell’altro, che viene da un paesino sulle montagne chiamato Río Blanco, che ricorda lo splendore delle notti senza la luce elettrica, perché la luna brilla di più, ci sono molte stelle, il cielo è più bello e il mondo si rischiara. Molto dolorosa è la poesia di Felipe Haziel, 10 anni, che descrive quanto è allegra la sua scuola e quanto sia bello studiare lì, ma termina dicendo che quando superano la quarta i bambini non possono continuare a studiare.

Medardo Rafael, 11 anni, che viene da un piccolo paesino portuale dei Caraibi, ci ha commosso tutti quando ha dettato la sua poesia «Anan», in cui parla di una bambina di cui si era innamorato che lasciò il villaggio senza che lui potesse dirle addio; quando ha finito di dettarla, il bambino ha affondato la testa fra le mani ed ha iniziato a piangere disperatamente e a lungo, e noi abbiamo dovuto dargli molte pacche sulle spalle per riuscire a calmarlo. Anche la poesia «La mia malattia» di Tony José, 6 anni, che viene da quel paesino sulle montagne chiamato Rio Blanco, è stata dettata con grande fluidità e senza un momento di esitazione: Tony racconta la malattia di cui soffriva da un anno, non con linguaggio da bambino, ma da medico. Ci sembrò un genio e pensammo che potevamo aspettarci molto da lui. Nel finale della sua straordinaria poesia, poi, ci dà una speranza ancora maggiore, perché afferma che, secondo il suo dottore, ormai è guarito e lui se ne va in vacanza fuori dal paese.

Io non aspetto il Giorno del Giudizio Finale con particolare ottimismo, ma prevedo che una delle poche cose positive che mi verrà detta sarà: «Io ero un bambino malato di cancro e tu mi hai insegnato a fare poesia». Non so quanto grande sarà il beneficio terapeutico prodotto dalla poesia, ma vedo la grande allegria che crea quando la ascoltano e, ancora di più, quando la scrivono loro stessi. A mio parere, più importante del beneficio terapeutico è il fatto che stiano cantando la creazione. Tutte queste poesie riunite sono come un inno alla bellezza della creazione, e non è questo il senso dell’universo ed il motivo per cui è stato creato?

Perché celebriamo questa creazione di Dio in cui ci sono arcobaleni, tartarughe, rane, conigli, anatre, luna, serpenti, pappagalli, bambini, ed anche bambini malati di cancro. Ma non solo perché la celebriamo semplicemente e poi moriamo, ma perché, soprattutto, risuscitiamo insieme ad essa, a qualsiasi età si muoia. Cristo lo ha giurato.

Milano, 5 novembre 2014 – dal Corriere della Sera

— Ruggiero Corcella

«Perché aderiamo al progetto»

I poeti Guido Oldani, Antonetta Carrabs e Milton Fernandez hanno accettato l’invito del “Corriere” e hanno spiegato cosa significhi per loro “Poeti FuoriStrada”

Oldani: Il dolore può ridestare una cultura spenta

«Ho definito questo tempo come quello del “Realismo Terminale”. La società non è liquida ma incagliata ed accatastata, progressivamente sempre più, nelle metropoli. La cultura dorme, così le arti. In una situazione come questa il termine di paragone non è più la natura ma gli oggetti che ci determinano: “In principio era l’oggetto”. In una simile paralisi, neppure avvertita se non genericamente, la malattia mi pare una dotazione salutare che schiera verso la poesia forze novelle che si confrontano con il dolore. I guerrieri morenti, ci spiegava Omero, profetizzavano, essendo in contatto con l’aldilà. Questa operazione, apparentemente lunare, forse non avrebbe avuto grande senso nel millennio scorso ma ora sì. Penso che i “Poeti FuoriStrada”, tatuati dalla malattia, portino nuova linfa a quella tristemente insipida della poesia oggi. La mia adesione è pari alla consapevolezza di una cultura spenta che, con il mio movimento dei Realisti Terminali, cerchiamo di ridestare. 2) Ma ai malati giova questo cimento con la poesia? Poetare, significa conoscere. Allora i “poeti fuoristrada” ampliano il loro campo di coscienza, diversificandolo. Il pozzo della malattia fa raccogliere acqua ad una profondità maggiore. Forse nascono dei disvelamenti che solo un malato, nella sua condizione, può raggiungere e manifestare. Allora è possibile che ampli il suo e il nostro mondo . Il capire di più del vivere, può dare anticorpi di speranza e di energia forse inimmaginabili».

Carrabs: La poesia favorisce la resilienza

«Secondo il professor Giuseppe Masera la parola scritta migliora la vita: è terapeutica e aiuta a star bene. Può diventare il transfer creativo dei sentimenti e delle emozioni di ciascuno. Può contribuire al superamento delle difficoltà espressive che vivranno la loro pienezza ed autenticità proprio attraverso il verbo. Ogni protagonista avrà modo di lasciare, attraverso la parola scritta, la sua impronta, la sua creazione. Il pensiero potrà esplicarsi e modellarsi e ogni opera scritta sarà intrisa del vissuto e della vita di ciascuno. Poesia fuoristrada: è un titolo che esplica una zona di confine, una zona ai margini dell’espressività, in cui ognuno potrà, attraverso la parola, comunicare e interagire con il mondo. Teorizza l’esteriorismo, cioè la volontà di creare versi con le immagini del mondo esterno e sostiene che ogni cosa è poetica. La parola sarà uno strumento d’indagine sulle cose e sulle anime. Il narrare sarà un atto di libertà profonda che favorirà il racconto dell’esperienza, liberandola. La poesia è terapeutica Verrà promossa la poesia esteriorista che valorizza il verso libero non legato ai criteri classici della rima e della metrica. La poesia si avvicinerà alla narrazione e potrà essere accessibile anche ai non-poeti. Il metodo consentirà di coinvolgere persone in situazioni di fragilità, di disagio, legate a gravi eventi che ognuno può incontrare sul suo cammino di vita: malattie, condizioni di disabilità, giovani carcerati, la fase finale della vita. In situazioni difficili la persona, anche se assistita da familiari ed amici, può sentirsi sola, non solo per problemi di vita pratica, ma piuttosto per la difficoltà a comunicare, speranze, sentimenti, la propria sofferenza emotiva-psichica. È importante incontrare chi è disposto ad ascoltare… La poesia è narrazione. La poesia è un bene comune. Attraverso la parola si cercherà di dotare la poesia e la narrazione di strumenti atti a interpretare e recuperare la realtà, a descrivere il mondo. In ogni persona sono presenti le problematiche dell’universo intero: limite ed infinito, gioia e dolore, nascita e morte, libertà e determinismo, conoscenza e inconscio, meccanicismo e teleologismo. La poesia sarà lo strumento di comunicazione nelle mani di ciascuno. La poesia è libertà. La poesia sarà libera, senza i limiti imposti dalla rima o dalla metrica, dalla sintassi o dall’ortografia. I facilitatori saranno compagni di viaggio, saranno poeti in grado di abbassare lo sguardo verso quelle zone dove spesso si annida la sofferenza, quella vera, reale, che si può persino toccare con mano. Quella realtà spesso subita, raccontata in una prosa che fotografa ma non incide, quasi fosse parte di un presente inamovibile. I facilitatori saranno poeti spogliati dei titoli e delle prosopopee, persino della propria condizione di poeti. Poeti che si metteranno al servizio della poesia consapevoli di non voler insegnare nulla. Poeti che avranno l’obiettivo di trasmettere il valore della poesia come bene comune alla stregua dell’aria che respiriamo. La musica delle parole è un laboratorio poetico che ho tenuto dall’ottobre 2009 e, per un anno intero, nel reparto di Ematologia pediatrica dell’Ospedale San Gerardo di Monza, su indicazione del professor Masera, responsabile, allora della Clinica pediatrica dell’Università Milano-Bicocca. Durante i laboratori di poesia i bambini malati di leucemia hanno sviluppato una grande creatività e facilità di espressione. Secondo Masera, la poesia ha arricchito la strategia terapeutica nell’Oncologia pediatrica e ha aggiunto un ulteriore contributo alla terapia globale-olistica, dando ai bambini la possibilità di raggiungere la resilienza, la crescita positiva dopo il trauma della malattia e delle cure. Sono entrata in reparto con un po’ di timore ma con la speranza di poter contribuire, con la poesia, ad aprire finestre nuove di comunicazione attraverso le quali i bambini avrebbero potuto guardare e raccontare la propria vita, trasferendo così nelle parole il peso del loro dolore, della speranza, delle illusioni, delle difficoltà che erano costretti a vivere. I dipinti e i versi di alcuni grandi poeti sono stati veri incipit motivazionali durante la narrazione: Monet con il suo luogo di natura ventoso e il colore azzurro degli alberi, i fiori dei ciliegi della corte imperiale di Kyoto, i versi di Leopardi, di Montale… L’entusiasmo dei bambini per la poesia ha sorpreso tutti e soprattutto me. Le poesie dei bambini hanno narrato la purezza dell’acqua, il volo degli uccelli, la vita che spunta dalla terra fin dentro i boccioli pallidi. Ogni insetto, ogni fiore sbocciato è diventato un compagno di avventura. La natura è stata la protagonista assoluta con la sua bellezza senza scopo: la voce degli alberi, il borbottare dei ruscelli, il profumo delle primule e della lavanda sui ciuffi di prato, a primavera. Ho realizzato il laboratorio poetico attingendo al metodo Cardenal in cui la poesia diventa “canasta basica”, bene comune di cui si vive, come il pane, l’acqua, l’aria. Al San Gerardo ho avuto modo di incontrare molte volte gli stessi bambini con i quali è stato più facile tessere quel filo di Arianna fatto di complicità e di fiducia che ha favorito la comunicazione e l’espressione. Attraverso la poesia i bambini hanno avuto anche modo di raccontare le loro paure, i loro bisogni e sentimenti, utilizzando il verso libero. Non è stato importante trovare la rima giusta, né rispettare la punteggiatura, l’ortografia, la lunghezza del testo. I bambini hanno avuto la licenza di scrivere qualsiasi cosa. Ogni poesia è nata spontaneamente come può nascere un fiore o un tramonto. Ogni poesia è arrivata come un soffio tiepido (Alessandra). Affidandomi alle parole dei bambini posso così affermare che la poesia ha favorito la resilienza: “Vorrei dire a tutti che la mia esperienza pur mettendoti in difficoltà è un’esperienza positiva perché impari a vivere in modo diverso tutto questo fa nascere un bellissimo sentimento” (Lorenzo); la consapevolezza della malattia: “Mi affido a te per parlarti di questa febbre misteriosa che ho da venerdì di questa mia debolezza dei miei fremiti di vita” (Paolo); il bisogno di dimora: “L’aria ha il profumo delle rose, una felicità che ha il sapore di cioccolato, c’è una casetta sull’albero grande, tutti insieme lassù siamo al sicuro, siamo protetti” (Josef); il ricordo: “Ho conosciuto il silenzio di questa stanza dove ho incontrato i miei pensieri che sono andati sempre al mio caro Axel, un grosso pastore tedesco” (Alessandra)».

Fernandez: È un cantiere aperto che può incidere sulla realtà

“A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”. Pablo Picasso

Che cos’è PoetiFuoristrada? Innanzitutto, l’idea di un Laboratorio Permanente di Poesia che si proponga di incidere sul reale, al punto di arrivare a trasformarlo, o quantomeno, di modificare il nostro sguardo e il nostro modo di concepirlo. È tratto dai “Talleres de Poesìa” messi in atto durante la rivoluzione nicaraguense da parte del poeta Ernesto Cardenal. E, soprattutto, dai laboratori tenuti dallo stesso Cardenal con i bambini ricoverati nel riparto oncologico dell’ospedale La Mascota di Managua, ai quali era arrivato spinto dal dottor Giuseppe Masera, che gli aveva proposto la realizzazione di questa inusuale esperienza letteraria e umana. A sua volta Cardenal aveva ripreso i metodi dello scrittore statunitense Kenneth Koch, autore di diversi libri che raccontano i fantastici risultati ottenuti dai workshop di Letteratura Terapeutica a New York con persone della terza età. Così cominciò questa avventura. Così nacque la prima di una serie di raccolte di Poesia Libera, senza i limiti imposti dalla rima o la metrica, la sintassi o l’ortografia. Libera persino, alle volte, della necessità della scrittura, giacchè molti di questi bambini non erano in grado di tenere una penna in mano, ma nulla impediva loro di creare immagini poetiche. Di fare poesia. Questi laboratori, che oggi proponiamo, e che partiranno in versione sperimentale a Milano (ma contiamo sul fatto che possano estendersi ovunque) nascono dalla proposta di una poesia Esteriorista, propugnata da Cardenal nella sua lunga esperienza, che viene mirabilmente riassunta nel testo di Michael Pèrez (7 anni), un bambino nicaraguense in quei giorni ricoverato all’ospedale La Mascota: “Formica, foglie, libri, cancellino, borsa, sandali, cocco, sasso, orologio, occhiali, fiore, uccelli (…) tutto è poesia”. Di solito dico ai ragazzi (o agli anziani) che scrivere poesia è facile, che tutti possiamo farlo, che se ne accorgeranno subito. Dico loro che fare poesia è divertente, più o meno come giocare o fare degli indovinelli, che possono parlare di qualsiasi cosa, che possono scrivere tutto quello che gli viene in mente, che non importa la lunghezza, perché una poesia può essere lunga o breve. Al principio dicevo loro di non cercare di scrivere in rima, con parole che finiscono con lo stesso suono, ma poi mi sono accorto che non era necessario, perché bastava leggere loro delle poesie in verso libero, o che fondamentalmente non dipendevano dalla ripetizione del ritmo o della rima. (A questo proposito sono fondamentalmente convinto della profonda verità della frase di Goethe: “L’essenza della poesia è ciò che ne rimane quando viene tradotta in prosa in un’altra lingua” – correggendo Goethe, io sostituisco la parola Prosa con Verso libero, che poi è quello che avrebbe detto lui se ai suoi tempi si fosse fatto uso del verso libero e che è il modo in cui è stata scritta gran parte della poesia universale, a cominciare da quella biblica). Abbiamo bisogno di compagni di viaggio. Poeti in grado di abbassare lo sguardo verso quelle zone dove spesso si annida la sofferenza, quella vera, reale, che si può persino toccare con mano. Quella realtà spesso subita, raccontata in una prosa che fotografa ma non incide, quasi fosse parte di un presente inamovibile. Poeti disposti a spogliarsi di titoli e prosopopee, persino della propria condizione di poeti, per mettersi “al servizio della poesia”, coscienti del fatto che non andiamo a insegnare nulla, ma soltanto a indurre a provarci, a capire che la poesia è un bene comune, alla stregua dell’aria che respiriamo, e perfino un diritto, come quello di poter guardare in avanti con occhi nuovi.

La Stampa: Bambini malati e anziani fragili, i poeti siete voi

— Sara Ricotta

Parte da Milano un progetto che porta i versi negli ospedali pediatrici e nelle case di riposo

Si sono incontrati una sera di ottobre a Milano. C’erano infermieri, psicologi, medici. E poeti. Erano lì per contarsi e partire per un’avventura che li coinvolgerà e che probabilmente non li lascerà più come prima. Sono quelli che hanno risposto all’appello per diventare «Poeti FuoriStrada», portatori di poesia in territori del disagio come i reparti di oncologia pediatrica e le case per anziani.

Il progetto

A chiamarli a raccolta è stato Giuseppe Masera, oggi in pensione ma per tanti anni direttore della Clinica pediatrica Università Milano Bicocca San Gerardo di Monza. Si è messo in testa, assieme ad altri visionari del bene come lui – Comitato Maria Letizia Verga e Fondazione Tettamanti – di replicare anche in Italia l’esperienza dei «Talleres de Poesía» di Ernesto Cardenal. Il sacerdote-poeta nicaraguense negli anni Ottanta era diventato ministro della cultura del nuovo governo sandinista e aveva avviato un programma di lotta all’analfabetismo e realizzato laboratori di poesia aperti a tutti i cittadini (militari, pescatori, contadini). L’esperimento funziona e anni dopo, nel 2004, sarà proprio il medico italiano a chiedere a Cardenal di portare i suoi «Talleres» fra i bambini malati di cancro dell’ospedale La Mascota di Managua (con cui il San Gerardo di Monza aveva istituito un gemellaggio). Nel 2009 prenderà avvio un’esperienza analoga anche al San Gerardo, da cui è nata la raccolta di poesie pubblicata da Rizzoli «I sogni son come conchiglie».

Il metodo

Quello presentato l’altra sera, però, è un progetto più ampio che partirà a Monza e Milano e arriverà anche a Genova, Bologna, Roma, Matera, Catanzaro e altre città. «Il nostro metodo di lavoro sarà preso in prestito dai Talleres di Cardenal», si legge nel Manifesto dei Poeti FuoriStrada, «per lui in ciascun essere umano esiste un poeta potenziale in grado di esprimersi senza necessariamente seguire i canoni della poesia tradizionale ma servendosi del verso Libero. Una poesia obiettiva, narrativa e aneddotica, fatta con gli elementi del mondo reale e con cose concrete».

«Todo es poesìa», scriveva uno dei bambini di Cardenal, malato di cancro a 7 anni; è poesia anche se in un verso ci finisce la parola «vomito» e in un altro «diarrea», perché è la vita, nella fase meno bella e forse anche ultima, ma che grazie alla poesia diventa più umana e sopportabile.

L’obiettivo

Quantificare tutto questo non è facile ma c’è anche un aspetto di sperimentazione-ricerca nel progetto che vede la partecipazione di poeti e clinici, ricercatori. «È lecito aspettarsi un valore terapeutico dallo scrivere in poesia» spiega Giuseppe Masera «è importante dimostrare che funzioni, registrare il quid di benessere che nei pazienti deriva dal riflettere, dall’esprimersi e dall’essere ascoltati».

La Scienza

Sul valore del progetto non ha dubbi Marcello Cesa Bianchi, luminare della Psicologia italiana e membro del comitato scientifico di Poeti FuoriStrada. «La medicina e la psicologia hanno messo in evidenza aspetti positivi delle terapie che utilizzano strumenti di tipo artistico – musica, disegno, danza – che possono favorire la resilienza (la crescita positiva dopo il trauma della malattia, ndr)», spiega il professore, interessato alla estensione del progetto al mondo degli anziani. «Mi occupo di psicologia legata ai processi di invecchiamento e la possibilità di trovare espressioni creative e poetiche in situazioni difficili sembra avere significato nel rallentare il decadimento progressivo». Il professore cita il concetto, che si sta affermando, di «ultima creatività». «La vita è fatta di tanti episodi ma l’ultimo può dare senso a quelli prima, far cogliere aspetti di sé che si erano ignorati», spiega, «così un progetto come questo sulla poesia può costituire un antidoto a quella “afasia dei sentimenti” che non è ancora valutata in termini tradizionali».

I «facilitatori»

Il ruolo più importante, quindi, lo avranno i poeti e quei «facilitatori di poesia» che aiuteranno persone in situazioni di fragilità a esprimersi attraverso il verso libero. «Chi scrive testi poetici e si trova in una situazione di vita che forse si interromperà da un momento all’altro non si pone in una prospettiva di poesia da hobby del weekend o di premio letterario» ragiona Guido Oldani, poeta fondatore del Realismo Terminale e anch’egli membro del comitato scientifico, «si trova invece in un rapporto vis à vis, o muro contro muro, con la verità; qui non si bluffa, non c’è gioco letterario, è un momento di ricerca non inquinabile». E siccome è poeta, riassume poeticamente: «questa prospettiva mi provoca il fascino di chi va a cercare funghi e sa che ne troverà di buoni».

L’impegno

Quella serata di ottobre si è conclusa con tante persone che hanno scritto il loro nome impegnandosi a fare la loro parte nel progetto. C’era la poetessa Antonetta Carrabs che aveva già dato vita a un laboratorio a Monza nel 2009, c’era il poeta-editore Milton Fernandez, che lavorerà a Milano, c’era un professionista della comunicazione di Novara e uno dei «100mila poeti per il cambiamento» di Bologna, l’associazione che ha già portato la poesia fra i migranti sbarcati a Lampedusa. E c’era anche un chirurgo vascolare, uno di quelli che operano bambini con angiomi gravemente deturpanti – «mostri» qualcuno ancora li chiama – e vorrebbe che si portasse anche a loro la bellezza della poesia.

Per tutti, l’impegno della gratuità e della costanza, perché «ai bambini – ricorda Masera – si può dare buca solo col certificato di morte!» La ricompensa sta nel privilegio di aver vissuto un’esperienza preziosa che Cardenal così riassume: «Io non aspetto il Giorno del Giudizio Finale con particolare ottimismo ma prevedo che una delle poche cose positive che mi verrà detta sarà: io ero un bambino malato di cancro e tu mi hai insegnato a far poesia»

Zeroconfini Onlus è un’Associazione Culturale Umanitaria che opera all’insegna della tutela dei diritti civili, della salvaguardia e del rispetto dei diritti umani, favorendo attraverso l’arte

il dialogo interculturale

Zeroconfini Onlus

Zeroconfini Onlus ha come fine istituzionale la solidarietà e la cooperazione allo sviluppo umano nazionale e internazionale e alla tutela dei diritti inviolabili della persona. L’Associazione assume nella propria denominazione la qualificazione di Organizzazione non lucrativa (ONLUS) di utilità sociale che ne costituisce peculiare segno distintivo e a tale scopo viene inserita in ogni comunicazione e manifestazione esterna alla medesima. È apartitica, senza finalità di lucro, garantisce le par opportunità tra uomo e donna, assicura la tutela dei diritti inviolabili della persona e intende perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale.

Zeroconfini Onlus ha lo scopo di favorire e promuovere: attività culturali e artistiche, promuovendo l’arte e la cultura finalizzate anche all’aiuto morale e spirituale delle persone disagiate nello specifico all’interno di strutture sanitarie, carcerarie, case di riposo per anziani e altro. Per la realizzazione diretta e indiretta del proprio scopo sociale, l’associazione può dare la sua collaborazione ad altri enti/associazioni per lo sviluppo di iniziative inquadrate nella promozione di programmi di finalità sociale comuni. Iniziative a livello nazionale e internazionale per diffondere e valorizzare la conoscenza delle culture dei popoli in tutte le forme ed espressioni, in un processo di divulgazione del patrimonio umano che contribuisca allo sviluppo di pace e solidarietà.

Il Presidente
Antonetta Carrabs

La Casa della Poesia di Monza

Luogo di delizia e cenacolo di letterati

La Casa della Poesia di Monza

La Casa della Poesia di Monza

L’idea di fondare la Casa della poesia di Monza nasce il 21 marzo 2012, nella Giornata Mondiale della Poesia, dalla volontà di un gruppo di cittadini appassionati di Poesia al fine di mantenere alto il valore di questo insostituibile veicolo di espressione, strumento di pace, di dialogo, di comprensione e di valorizzazione di quelle diversità culturali ed espressive, anche linguistiche, che compongono ed arricchiscono la società umana. Un luogo all’interno del quale la natura e la cultura possono fondersi per dare un respiro di bellezza, di arte e di sensibilità alle tante iniziative che saranno realizzate.

La Casa della Poesia di Monza vuole essere, non significare; vuole recuperare il senso delle cose, riappropriarsi della memoria: un atto di nascita per il recupero della parola attraverso incontri, dibattiti, tavole rotonde, concorsi poetici, festival di poesia, progetti arbor poetici.

Le finalità : privilegiare soprattutto un ponte di comunicazione con i giovani, le scuole, le università e i centri culturali del nostro territorio al fine di stabilire sinergie di intenti, coesioni in termini di progettualità per condividerne idee e finalità. Un’unità nella coralità: tante voci diverse ma unite dall’universalità del linguaggio poetico.

un centro di promozione della poesia contemporanea nazionale ed internazionale attraverso la realizzazione di incontri con autori, dibattiti, tavole rotonde, laboratori di poesia, manifestazioni culturali, concorsi poetici e premi letterari;

progetti arbor poetici che avranno lo scopo di coinvolgere le scuole del territorio attraverso iniziative culturali volte a valorizzare il nostro parco che potrà diventare un Parco letterario, un vero punto di riferimento nazionale ed internazionale riconosciuto e riconoscibile.

Il Presidente
Antonetta Carrabs


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