La musica delle parole
laboratorio poetico
Mercoledì 3 marzo 2010
Diario
Le voci degli alberi
Quella sera rimasi sorpresa ad ascoltare gli alberi. Chi ansimava, chi stormiva, chi starnazzava, come se volesse prendere il volo.
Un sussurro? Un mormorio? Erano i pioppi.
Un bisbiglio? Era il salice.
Ecco una ventata e la quercia ruggiva, mentre le canne lungo il fosso frusciavano al passare del vento come se passasse il fiume.
Erano le voci degli alberi.
Oggi Paolo sta male, molto male. A stento mi riconosce. Rimango un po’ con lui; gli racconto del teatro, del direttore artistico del Teatro Binario 7 di Monza, Corrado Accordino. Dei ragazzi guariti che, con il progetto Identità scoperte, stanno facendo un’esperienza di teatro molto importante.
Paolo mi ascolta, mi sorride. Chiede di tirarsi su; la mamma lo aiuta e mi chiede di tornare più spesso a trovarlo. Paolo chiede dell’acqua, sembra riprendersi. Parla a stento con un linguaggio poco comprensibile. Paolo viene portato via per una Tac, mi chiede di tornare da lui la prossima settimana. Mi chiede dell’ultima sua poesia che ha scritto sull’albero di pino.
Con Alessandra parliamo degli alberi. «Hai mai abbracciato un albero?» le chiedo. «Si, l’ho fatto» mi risponde «Era d’estate, faceva tanto caldo, molto caldo. Ero sdraiata sul mio dondolo, in giardino, mi lasciavo dondolare. Alex, il mio pastore tedesco, si era sdraiato sotto il dondolo, al fresco. Decido di arrampicarmi sul mio albero di eucalipto, il mio albero preferito. È un albero molto grande, con i suoi rami intrecciati che fanno da seggiolino.
Quante volte mi sono arrampicata fin sul ramo più alto! Quel giorno mi arrampicai ancora più su, c’era una vista magnifica. Si vedevano le case fino in fondo. Ricordo di essere rimasta appollaiata su quel ramo per un bel po’ di tempo.
Quando scesi, ero così felice che sentii davvero il desiderio di abbracciarlo il mio albero. In quell’abbraccio sentii una grande dolcezza nel cuore.»
Alessandra continua a raccontare di sé, di Satriano, il paese dei nonni; delle estati trascorse in campagna e dell’albero di fichi bianchi. Un albero grande che si riempie di una quantità innumerevole di fichi bianchi.
Dolci, buoni, tanti! In casa dei nonni, sul tavolo in cucina, c’è sempre un cesto di vimini ricolmo di fichi bianchi per tutti.
Alessandra scrive la sua poesia.

L’albero di fichi
L’albero di fichi bianchi
Nel giardino della nonna Ida
a Satriano
c’è un grande albero di fichi bianchi.
D’estate, appena mi sveglio
corro in giardino e stacco dai rami
i fichi più maturi.
Che buoni!
È un albero grande, molto grande
ha quasi l’età del mio papà.
Il nonno Cesarino lo aveva piantato più di 45 anni fa
e da allora è cresciuto a dismisura.
Lo zio Cecè mette sempre nel cesto di vimini
le foglie di fico, quelle più grandi
poi ci mette su i fichi bianchi.
Lo riempie fino a scoppiare
e lo porta in cucina.
Con tutti quei fichi bianchi
è festa per tutti, tutti i giorni.
Alessandra, anni 12
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