Carta da lettere, calendario eventi aprile 2013

Carta da lettere: Parole, emozioni e passioni dai carteggi di celebri coppie del Novecento, a cura di Ettore Radice

Comune di Monza

Mnemosyne

Zeroconfini Onlus

Carta da lettere: parole, emozioni e passioni
dai carteggi di celebri coppie del Novecento

Letture sceniche, filmati e momenti musicali
raccontano i più segreti pensieri di:

Sabato 6 aprile 2013, ore 17.30

Piero Gobetti e Ada Prospero

voci recitanti Paola Perfetti e Alessandro Baito
fisarmonica Marco Valenti

Sabato 13 aprile 2013, ore 17.30

Enzo Ferrari e Lina Lardi

voci recitanti Debora Migliavacca Bossi e Ivan Ottaviani
pianoforte Simone Pionieri

Sabato 20 aprile 2013, ore 17.30

In occasione del bicentenario della nascita
di Richard Wagner e Giuseppe Verdi

Richard Wagner e Mathilde Wesendonk
Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi

voci recitanti Paola Perfetti e Alessandro Baito
Mezzosoprano Magdalena Aparta
pianoforte Rosalia Manenti

Sala Maddalena, via S. Maddalena 7 – Monza
Ingresso libero

Si ringrazia per la collaborazione Associazione Culturale Umanitaria Zeroconfini Onlus
Info
• tel. 039. 230.21.92• attivitaculturali@comune.monza.it
www.comune.monza.it • cell. 340.9433295 • mnemosyne-monza@libero.it

Piero Gobetti e Ada Prospero

Piero Gobetti e Ada Prospero

Piero Gobetti incontrò Ada Prospero nella primavera del 1916, al Liceo Classico Gioberti di Torino. Piero era un ragazzo «alto, magro, con una gran testa di capelli scarruffati biondo castani, con un paio di occhiali di metallo sul naso aguzzo, e occhi vivacissimi e penetranti dietro le lenti, e sulle labbra quasi perennemente il sorriso» così la quindicenne Ada descrisse, nel 1917, quel giovanotto di un anno più grande che passava gran parte del suo tempo sui libri.

Si fidan­zarono nell’autunno del ‘18 e insieme lavorarono nella redazione di Energie nove, rivista «scritta da giovani e diretta specialmente ai giovani», che mirava ad inserirsi nella vita nazionale. Nel febbraio 1922 uscì il primo numero della nuova rivista La Rivoluzione Liberale con l’obiettivo di formare una classe politica nuova che fosse cosciente «delle esigenze sociali nascenti dalla partecipazione del popolo alla vita dello Stato.» La sfida era riempire di liberalismo le istituzioni del Paese. L’11 gennaio 1923, Piero e Ada si sposarono e la “Piero Gobetti Editore” pubblicò, nei due anni della sua esisten­za, 84 titoli. I giovani sposi avversarono apertamente il regime fascista che si stava affermando. Il 6 febbraio del ‘23 Go­betti venne arrestato perché accusato di «appartenenza a gruppi sovversivi»; rilasciato 5 giorni dopo, subì un nuovo ar­resto il 29 maggio. Mussolini ordinò: «…bisogna rendere difficile la vita di questo insulso oppositore…».

Gobetti più volte fu inquisito e percosso, e nel novembre del’25 fu chiusa la rivista e la stessa casa editrice per il carattere spiccatamente antifascista. La nascita del figlio Paolo fece apparire tutto ciò in una luce meno cupa. Gobetti, soffrente di scompensi car­diaci provocati dalle violenze subite, decise di lasciare l’Italia per proseguire in Francia l’attività editoriale e partì da solo per Parigi dove si ammalò di una bronchite che aggravò i suoi problemi cardiaci.

Morì il 15 febbraio 1926 all’età di 25 anni. Ada aveva condiviso le speranze e gli obbiettivi del marito e sempre difese la memoria e il lavoro di Piero, anche se angosciata dal dubbio che Piero si sarebbe potuto salvare se lei, invece di sostenerlo, si fosse opposta: scrive nel suo diario: «Ti ho lasciato partire sorridendo perché così voleva il nostro amore: e il nostro amore era ciò che di più bello era­vamo riusciti a costruire, era il sole della nostra vita.»

Enzo Ferrari e Lina Lardi

Enzo Ferrari e Lina Lardi

Enzo Ferrari vide Lina Lardi per la prima volta nell’estate del 1924, quando, sfrecciando in automobile su una via di montagna dell’Appennino modenese, rallentò per salutare un conoscente che con la figlia passeggiava lungo la strada. La ragazza era Lina, allora quattordicenne a cui non piacque quel giovanotto scavezzacollo che aveva definito un “superbone”.
Nel 1929 si rincontrarono. Lina era stata appena assunta come impiegata negli uffici della Carrozzeria Orlandi di Modena, dove Ferrari portava gli autotelai per farli carrozzare. Lui era già per tutti “Ferrari”, non aveva ancora realizzato il sogno di costruire automobili interamente sue, ma la gestione della Scuderia, con le Alfa Romeo guidate da Tazio Nu­volari e da altri eroi del volante, lo aveva reso ricco e famoso.

Aveva 31 anni ed era coniugato da sei anni con Laura Ga­rello, un’unione da tempo in profonda crisi. Quella ragazza dai modi raffinati l’aveva conquistato ed egli la volle come se­gretaria. «Non so come, ma è scoccata una scintilla… e poi sono andata a lavorare da lui. Così, piano piano è nato l’amore fra di noi.» Così Lina ricorderà, anni dopo quel periodo.

La moglie Laura che seguiva con interesse la vita dell’azienda e Lina, la donna parallela, si sfioravano quotidianamente tra le mura della Scuderia Ferrari. Enzo Ferrari si sdoppiò cercando un difficile equilibrio. Lina viveva in una casa di campagna in una località non lontana da Maranello, mentre Laura abitava a Modena. Nel 1945 dall’amore tra Enzo e Lina nacque Piero, oggi vicepresidente della Ferrari, amatissimo da un padre che, sull’altro fronte, stava disperatamente tentando di strappare Dino, il primogenito avuto da Laura, alla morte per ma­lattia: nel ’56 Dino morì. Lina fu vicinissima all’uomo che amava, pur restando sempre sullo sfondo. Non cercò mai la ri­balta, non concesse mai interviste, si dedicò alla educazione di Piero. E quando nel 1978 Laura, la moglie, si spense, fi­nalmente Enzo chiese a Lina di raggiungerlo, con Piero, nella casa di Modena. Ebbero dieci anni, gli ultimi rimasti a Ferrari da vivere assieme.

Richard Wagner e Mathilde Wesendonk

Richard Wagner e Mathilde Wesendonk

Richard Wagner incontrò Mathilde Wesendonk ad un concerto nel marzo del 1851 a Zurigo e Mathilde, affascinata dall’ouverture del Tannhauser, volle, col marito Otto Wesendonk, ricco commerciante tessile e grande estimatore di Wagner, conoscere il compositore.

Due mesi più tardi, il 22 maggio, giorno del suo compleanno, Wagner dirigeva di persona una rassegna delle proprie opere in un concerto finanziato da Otto Wesendonk, in una sala piena di fiori e con l’omaggio di una poesia scritta da Mathilde; per ringraziarla, Wagner le inviò una sonata che aveva composto espressamente. Iniziava così coi coniugi Wesendonk una frequentazione che col passar del tempo divenne sempre più assidua, tanto che nel 1852 Wesendonk iniziò a sostenere economicamente il compositore e permise a Wagner e a sua moglie Minna di alloggiare in un cottage nei pressi della sua villa.

L’ammirazione della giovane Mathilde accese la passione in Wagner. Mathilde stessa riconoscerà in seguito «d’esser stata una pagina bianca sulla quale Wagner ha potuto scrivere a suo piacimento.» Ogni sera il musicista faceva visita a Mathilde per farle ascoltare ciò che aveva composto durante il giorno: si autonominava «il visitatore del crepuscolo». Il preludio de La Valchiria, composto in quel periodo, è segretamente dedicato a Mathilde attraverso misteriose iniziali. Mathilde, colta e sensibile, assunse per Wagner il ruolo di musa ispiratrice.

Anche il Tristano e Isotta, grandioso inno all’amore composto tra 1857 e il ’59, scaturì dalla loro relazione. A tale passione si devono anche i bellissimi Wesendonk-Lieder, 5 lieder per voce femminile e pianoforte musicati da Wagner su poesie scritte da Mathilde.

Durante le sue lunghe assenze da Zurigo Wagner le scriveva costantemente. Nella primavera del 1858, Francesco de Sanctis, l’autore della celebre Storia della Letteratura Italiana, allora esule in Svizzera, divenne professore privato di Mathilde. Wagner roso dalla gelosia nascondeva a stento il suo odio per l’insegnante. Il 5 aprile Wagner non riuscì ad incontrare Mathilde perché impegnata con de Sanctis in una lezione di italiano. Ne nacque una discussione tra i due e Wagner, per riconciliarsi, il giorno seguente le inviò lo schizzo del Tristano insieme ad una lettera che venne intercettata da Minna. Questa, infuriata fece esplodere uno scandalo. Wagner fu costretto ad abbandonare Zurigo, ma, comunque, rimase legato a Mathilde con cui mantenne una fitta corrispondenza.

Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi

Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi

Giuseppe Verdi conobbe Giuseppina Strepponi nella primavera del 1839 quando Giuseppina era molto più nota di Verdi, allora sconosciuto. Cantante lirica di talento e successo molto chiacchierata a causa di incontri maschili po­co fortunati, con due figli illegittimi e una vita avventurosa alle spalle. La sua felice carriera di soprano era ormai prossima ad un precoce tramonto, conseguenza di una vita difficile e logorante.

Verdi le fece leggere la sua prima opera Oberto, conte di San Bonifacio, e lei si adoperò con l’aiuto dell’impresario Bartolomeo Marelli, padre di uno dei suoi figli, affinché venisse rappresentata alla Scala. Due anni più tardi il bis: questa volta l’opera era il Nabucco, che andò in scena alla Scala ancora per intercessione di lei, che interpretò Abigaille alla prima. Fu un trionfo! Iniziava così per Verdi una nuova vita, feconda di successi, lasciandosi definitivamente alle spalle un periodo amaro che aveva visto la morte della moglie Margherita e dei suoi due bambini.

Con il fortunato Nabucco Giuseppina interpretò numerose repliche fino a quando il deteriorarsi delle corde vocali la obbligò a fermarsi. Nel 1846, nonostante il legame sentimentale con Verdi, si trasferì a Parigi, dove aprì una scuola di canto. Verdi, la raggiunse nel ’47 e da allora decisero di vivere la loro storia d’amore alla luce del sole e la Peppina, come lui amava chiamarla, diventò amica, musa, consigliera, segretaria, agente, vestale del mito.

Nel mezzo secolo che trascorsero insieme fra alti e bassi condivisero quasi tutto anche l’impegno per l’indipendenza e l’unità d’Italia. Nel’49 si trasferirono a Busseto, ma i mugugni e i pettegolezzi dei concittadini che consideravano scan­dalosa la loro unione costrinse Verdi a risiedere dal ‘51 nella nuova villa di Sant’Agata.

Se di Verdi si conoscono solo poche lettere d’amore, Giuseppina gliene scrisse tantissime, senza chiamarlo mai per nome ma con vari vezzeggiativi: «Mio caro Pasticcio, godo moltissimo che tu ti trovi perso senza di me… Mio caro Mago, nell’addormentarti pensa a me alla compagna che vive teco da tanti anni e vorrebbe vivervi per altrettanti secoli…» È soltanto nel 1859, dopo 13 anni di convivenza, che Verdi sposò la sua Peppina, in gran segreto, in una chiesetta dell’alta Savoia.

L’irruzione nella loro vita della bella, giovane e risoluta cantante boema Teresa Stolz, una passione che divampò per circa un decennio, trascinò il matrimonio sull’orlo di una crisi pericolosa. Il tempo medicò le piaghe. Sopita la passione, Verdi tornò dalla moglie. Giu­seppina morì a Sant’Agata il 14 novembre 1897, tre anni e due mesi prima del marito. «Ed ora addio, mio Verdi!! come fummo uniti in vita, ricongiunga Iddio i nostri spiriti in Cielo!!» scrisse nel testamento.


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Pubblicato in Cultura.