La sfida del teatro classico al carcere di Monza continua ad essere vincente. Questa volta i detenuti affrontano “La Tempesta” di Shakespeare.
Un discorso sulla sete di potere, sulle malefatte che ispira, sul nobile distacco del mago Prospero che del potere può fare a meno. Sulla speranza di una nuova partenza, lontana da vendette e congiure, affidata a due giovani, animati dall’amore: “Io ti amo, ti stimo e ti onoro” dice Ferdinando a Miranda: e queste sono le basi di una società migliore.
Il vivacissimo gruppo che mi ha seguito fin qui, tutt’altro che intimidito dalla grandezza di Shakespeare, si è appassionato alla storia, ha posto domande intelligenti, ha dato ottimi suggerimenti.
Due giovani attori professionisti mi hanno aiutata, da volontari, a condurre la nave in porto: Sono Claudio Gay- autore anche di una parte delle musiche- e Anna Carmela Lippolis.
La difficoltà oggettiva veniva dl fatto che in una Casa Circondariale c’è sempre un turn-over: chi va in comunità, chi ai domiciliari, chi è trasferito a un’altra struttura… ma tutti, scambiandosi i ruoli e imparando rapidamente nuove battute, hanno permesso di arrivare, ”sani e salvi” allo spettacolo.
Ma credo che anche quelli che abbiamo perso lungo il percorso porteranno con sé un granello della bellezza di quel capolavoro che è La Tempesta. Qualche volta, i granelli germogliano.
NOTE DI REGIA
Il cast, così particolare, stimolava a scelte insolite: un magico, carismatico Prospero non parlava bene l’italiano? Shakespeare in persona, intento a scrivere la commedia in proscenio gli presta la voce mentre lui è in scena. Il bravo “ubriacone” Stefano è andato in comunità? Con un audace colpo di meta-teatro è Shakespeare stesso a sostituirlo, come avveniva all’epoca alle prove al “Globe”.
Gonzalo ha dovuto subentrare all’ultimo?
Shakespeare gli affida ufficialmente la parte scritta per lui.
Mi sono ispirata, con molta libertà, a quel piccolo gioiello che è il film “Shakespeare in love”.
E che dire della soave Miranda che con un rapido cambio di costume si ricicla nello sguaiato Trinculo?
E poi non volevo un Caliban che fosse la solita macchietta del “mostro”, col suo attento interprete ne abbiamo fatto un servitore svogliato, e in fondo ingenuo.
In quanto ad Ariel, non aspettatevi il solito elfo birichino e melenso… è un robusto, energico rapper!
Le immagini del bosco magico di Bomarzo e delle isole Ebridi, e una vera vela di barca sono le scene: a musiche popolari del ‘500 si alternano quelle, inedite di Claudio Gay che citano in sottotraccia le “Ebridi” di Mendelshonn, che a sua volta per Shakespeare… ma questa è un’altra storia.
– Luisa Gay, regista
Condividi Zeroconfini